SOMMARIO: 1. La disciplina dell’estinzione della società dopo il decreto legislativo n. 6 del 2003. – 2. La tutela dei creditori prima della iscrizione della cancellazione della società dal registro delle imprese: lo strumento dell’opposizione al bilancio finale di liquidazione. – 3. (Segue): ulteriori proposte interpretative e loro dubbia efficacia. – 4. La divisione del patrimonio quale successione inter vivos a titolo universale dei soci nel patrimonio della società. – 5. Rapporti attivi ancora esistenti dopo la cancellazione ed il ruolo dei liquidatori. – 6. (Segue): le sopravvenienze passive, Esclusione di un’ipotesi di patrimonio separato. L’azione ex art. 512 e ss. c.c. – 7. L’azione dei creditori sociali nei confronti dei liquidatori quale «strumento di chiusura» della disciplina dell’estinzione,
1. A seguito del d.lgs. n. 6 del 2003 e del nuovo art. 2495, comma 2, c.c., si deve ora ritenere certo che la società (per lo meno di capitali (1)) sia
da considerarsi estinta con l’approvazione del bilancio finale di liquidazione e la successiva iscrizione della cancellazione dal registro delle imprese (2). Non si può quindi più ritenere, come faceva la giurisprudenza prevalente nel vigore della precedente norma dell’art. 2456 c.c., che la società continui ad esistere finché tutti i rapporti ad essa facenti capo, siano essi attivi o passivi, sostanziali o processuali, non siano stati completamente definiti(3). Il legislatore, con l’inserimento dell’inciso «ferma restando l’estinzione della società» al comma 2 dell’art. 2495 c.c., ha in sostanza accolto l’indirizzo decisamente prevalente in dottrina (4) secondo il quale la società come
soggetto di diritto deve considerarsi estinta dal momento dell’attuazione della pubblicità nel registro delle imprese, mediante iscrizione del fatto estintivo (la cancellazione della società) (5). Ciò fermo restando che l’estinzione della società, e le questioni che ne conseguono, non interferiscono con il diverso problema della fine dell’impresa, che può verificarsi anche in un momento anteriore o posteriore alla iscrizione della cancellazione dal registro delle imprese, in quanto non vi è alcuna correlazione necessaria tra l’esistenza del soggetto imprenditore e il fallimento, come testimonia del resto l’art. 11 l.f. (6).
Il momento dell’estinzione della società trova quindi ora una soluzione parallela a quella dell’estinzione delle persone giuridiche del primo libro (v. art. 6, comma 2, d.p.r. 361/2001) (7), a quella prevista nel Progetto di riforma della disciplina delle società di persone (8), nonché a quella dell’estinzione della società negli ordinamenti che sono stati interessati da modifiche legislative recenti a questo proposito (9).
Tale scelta del legislatore di risolvere attraverso l’inciso citato un problema interpretativo, che vedeva schierate la giurisprudenza e la dottrina in posizioni – almeno in prevalenza – diametralmente opposte, ha peraltro lasciato aperte ancora numerose questioni relative alla disciplina applica bile al procedimento di estinzione della società.
- In primo luogo, il legislatore delegato, in conformità all’art. 9 della legge n. 366 del 2001 (legge delega al Governo per la riforma del diritto societario), ha introdotto tre ipotesi di iscrizione d’ufficio della cancella zione nel registro delle imprese, due delle quali si verificano nel caso di mancanza di un’attività liquidativa (10). Tuttavia non ha chiaramente disciplinato – o lo ha fatto in maniera contraddittoria – il procedimento da osservare in tali casi.
Infatti, da un lato, con riferimento alle società di capitali, il mancato deposito del bilancio in fase di liquidazione (ex art. 2490, comma 1, c.c.) per tre anni consecutivi determina, ai sensi dell’art. 2490, comma 6, c.c., l’obbligo per l’ufficio del registro delle imprese di provvedere alla iscrizione d’ufficio della cancellazione della società « con gli effetti previsti dall’art. 2495 c.c..» (11).
Dall’altro, con riferimento alle società cooperative e agli enti mutuali stici in liquidazione ordinaria, il mancato deposito del bilancio d’esercizio da parte dei liquidatori per cinque anni determina, ai sensi dell’art. 2545-octiesdecies, comma 2, c.c., l’obbligo per l’autorità di vigilanza preposta al controllo della liquidazione di pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale un
elenco delle società che non hanno effettuato tale deposito. In quest’ultimo caso, ossia solo nel caso dell’art. 2545-octiesdecies, comma 2, c.c. (12), i creditori e gli altri interessati possono chiedere, entro trenta giorni da tale pubblicazione, la continuazione della liquidazione con «formale e motivata do manda». La società cooperativa può essere quindi cancellata dal conserva tore del registro delle imprese solo a seguito della comunicazione da parte dell’autorità di vigilanza della mancata domanda da parte dei creditori e degli altri interessati, e da quel momento (dall’iscrizione della cancellazione) la società deve considerarsi estinta (13).
La terza ipotesi di cancellazione d’ufficio è stata infine prevista in una norma transitoria, l’art. 223-quater, comma 2: si tratta del caso di iscrizione della società nel registro delle imprese avvenuta senza l’autorizzazione di cui all’art. 2329, numero 3), c.c. L’autorità competente al rilascio di tale autorizzazione può infatti proporre istanza per la «cancellazione della società dal registro»; tuttavia, nel caso di accoglimento dell’istanza da parte del Tribunale, si applica l’art. 2332 c.c., e quindi la procedura da seguire per il caso di nullità della società. Sembra quindi che la norma si esprima in realtà impropriamente e non regoli direttamente un’ipotesi di estinzione in seguito all’iscrizione della cancellazione, bensì di scioglimento della società (14), con nomina dei liquidatori da parte del tribunale (art. 2332, comma 4, c.c.) e successiva liquidazione (15).
b) In secondo luogo, il legislatore delegato non ha completamente seguito l’art. 8, lett. a), della legge delega (n. 366/2001), e non ha provveduto a disciplinare espressamente « il regime… delle sopravvenienze attive e passive» successive alla iscrizione della cancellazione della società dal registro delle imprese. Rimane quindi aperto il problema, fortemente discusso dalla dottrina precedente, di quale sia la sorte dei beni e dei rapporti ignoti ai liquidatori o da questi trascurati, nonché la natura dell’azione ex art. 2495 c.c. nei confronti dei soci.
c) In terzo luogo, non è stato previsto – almeno esplicitamente – uno strumento preventivo specifico di tutela dei creditori, per il caso in cui i liquidatori intendano procedere alla cancellazione e quindi all’estinzione della società, violando il principio secondo il quale l’attivo sociale non può essere ripartito tra i soci prima che siano soddisfatti i creditori sociali (16).
2. È bene analizzare preliminarmente quest’ultimo problema, che si prese!lta come il principale nonché il primo da un punto di vista logico.
E noto infatti che alla base dell’orientamento della giurisprudenza, che faceva sopravvivere la società all’iscrizione della cancellazione del registro delle imprese, stava principalmente la considerazione del rischio, per i creditori sociali ritardatari o sopravvenuti, di trovarsi ad agire (ex art. 2456 vecchio, ora art. 2495 c.c.) nei confronti di una pluralità di soci, spesso di difficile reperimento; per di più i creditori sociali avrebbero dovuto anche subire il concorso dei creditori particolari dei soci stessi, venendo meno, con l’estinzione, il vincolo di destinazione sul patrimonio sociale e quindi il diritto dei creditori sociali ad essere soddisfatti previamente su tale patrimonio (17).
A questo proposito la dottrina, pur mantenendo fermo il proprio convincimento relativo al momento dell’estinzione della società (18), aveva tuttavia proposto diverse soluzioni interpretative per attribuire ai creditori sociali uno strumento di intervento nella fase finale della liquidazione, al fine di evitare tali rischi. Poiché l’iscrizione della cancellazione dal registro costituisce un obbligo per i liquidatori, e in caso di loro inerzia per i componenti dell’organo di controllo, una volta terminata la liquidazione con l’approvazione del bilancio finale e la ripartizione dell’attivo (art. 2495, comma 1, c.c.) (19), la dottrina menzionata voleva impedire l’effetto estintivo che deriva dall’iscrizione concedendo ai creditori sociali un mezzo per impugnarla. Seppure tali interpretazioni non avessero fatto breccia – se non in parte, come vedremo – nelle decisioni della giurisprudenza, risulta interessante riconsiderarle alla luce delle nuove norme introdotte dalla riforma del diritto societario.
Una prima tesi (20) suggeriva di riconoscere anche ai creditori sociali il diritto di proporre reclamo avverso il bilancio finale di liquidazione entro tre mesi dall’iscrizione del deposito di tale bilancio presso l’ufficio del registro delle imprese (art. 2492, comma 3, c.c.) (21). Tale interpretazione si fondava principalmente sull’analisi congiunta delle ipotesi della riduzione del capitale di cui all’art. 2445 c.c. e dell’estinzione: come durante societate i creditori possono avvalersi dell’opposizione (art. 2445 c.c.) per impedire la liberazione di parti del patrimonio sociale dal vincolo di destinazione, così anche nella fase dello scioglimento della società si deve attribuire ai creditori sociali uno strumento di tutela analogo per impedire tale
(1) Sembra peraltro che una norma, quale l’art. 2495 c.c. nuova formulazione, dettata per le società di capitali al fine di risolvere un dubbio interpretativo che precedentemente si poneva per tutte le società registrate, possa ora servire anche per l’interpretazione degli artt. 2312 e 2324 c.c., relativi al momento estintivo rispettivamente delle s.n.c. e delle s.a.s. iscritte nel registro delle imprese; ciò anche se risulta particolarmente discusso se sia possibile utilizzare norme dei tipi «superiori» (in questo caso: relative alle società di capitali) per l’interpretazione di disposizioni relative ai tipi «inferiori» (società di persone) o per risolvere lacune relative a questi ultimi: v. P. SPADA, La tipicità delle società, Padova, 1974, 321; cfr. però G.B. PORTALE, Profili dei conferimenti in natura nel nuovo diritto italiano delle società di capitali, in Corr. giur., 2003, 1671 e nt. 51, ove ulteriori riferimenti, secondo il quale la tesi negativa nei confronti di tale interpretazione o applicazione analogica non è stata pienamente dimostrata.
L’applicazione alle società di persone registrate di norme dettate in sede di disciplina della liquidazione delle società di capitali era convincimento diffuso già prima della riforma: cfr. ad es. G. NICCOLINI, Scioglimento, liquidazione ed estinzione della società per azioni, in Trattato delle società per azioni, diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, Torino, vol. VII, tomo 3, 1997, 685, nt. 5; M. BUSSOLETTI-E. FAZZUTTI, Società in nome collettivo, in D. disc. priv., sez. comm., Torino, Vol. XIV, 1997, 306. Nello stesso senso in Germania le disposizioni sulla liquidazione dell’Aktiengesetz sono ritenute applicabili anche alle altre società: di recente v. T. RIEHM, Gerichtliche Bestellung des Nachtragsliquidators – ein Modell fiir alle Handelsgesellschaften, in NZG, 2003, 1055 ss., ove ulteriori riferimenti.
(2) La norma (art. 2495, comma 2, c.c.) ora prevede che «Ferma restando l’estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società». La conclusione di cui nel testo è pacifica in tutti i primi commenti al d.lgs. n. 6 del 2003: cfr. L. PARRELLA, Cancellazione della società, in La riforma delle società, Commentario del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, a cura di M. Sandulli e V. Santoro, Torino, 2003, 305 ss.; G. NICCOLINI, La disciplina dello scioglimento, della liquidazione e dell’estinzione delle società di capitali, in La riforma delle società, a cura di S. Ambrosini, Torino, 2003, 191 ss. (anche in Riv. dir. impr., 2003, 248 e ss.); ID., Art, 2495, in Società di capitali, a cura di G. Niccolini e A. Stagno d’Alcontres, in corso di pubblicazione, Napoli, 2004, § 3, che si è potuto consultare grazie alla cortesia dell’Autore; A. DIMUNDO, in Gruppi, trasformazione, fusione e scissione, scioglimento e liquidazione, società estere, a cura di G. Lo Cascio, Milano, 2003, 217 ss.; A. SANTUS-G. DE MARCHI, Scioglimento e liquidazione delle società di capitali, in Riv. not., 2003, 599 ss.; F. CORSI, Le nuove società di capitali, Milano, 2003, 279; F. D1 SABATO, Diritto delle società, Milano, 2003, 501.
(3) Anche se non erano mancate, soprattutto nell’ultimo periodo, alcune prese di posizione della giurisprudenza in senso contrario alla sopravvivenza della società alla cancellazione dal registro delle imprese: v. Trib. Monza, 12 febbraio 2001, in Giur. comm., 2002, II, 91 ss., e in Società, 2001, 831 ss,; Trib. Vercelli, 5 luglio 2002, in Società, 2003, 221 ss. (con riferimento all’art. 2312 c.c.); App. Milano, 29 novembre 2002, in Giur. it., 2003, 1195 ss., e in Società, 2003, 837 ss. L’orientamento assolutamente prevalente in giurisprudenza (v. da ultimo Cass., 22 novembre 2002, n. 16486, in Guida al dir., 2003, n. 1, 86; Trib. Mantova, 13 febbraio 2003, G,U. Bernardi, inedita; Cass., 24 settembre 2003, n. 14147, in Società, 2003, 1622; Trib. Messina, 25 ottobre 2003, inedita, in www.ipsoa.it.; App. Trieste, 8 gennaio 2004, n. 7, inedita) era stato considerato preferibile, in dottrina, in particolare da parte di G. OPPO, Forma e pubblicità nelle società di capitali, in Riv. dir. civ., 1966, I, 163 ss.; G. NICCOLINI (nt. 1), 703 ss., ove tutte le citazioni delle sentenze in argomento, nonché (con riferimento al l’art. 2312, secondo comma, c.c.) da M. BUSSOLETII-E. FAZZuTTI (nt. 1), 306.
(4) Non è qui possibile riportare tutti i contributi che, con riferimento al «precedente» art. 2456 c.c. avevano accolto l’orientamento che ora il legislatore ha voluto esplicitare inserendo l’inciso ricordato: v. ex multis, per citare due recenti note a sentenza ove riferimenti alla dottrina in argomento, M. SPERANZINI, Recenti sentenze in tema di estinzione dì società: osservazioni critiche, in Giur. comm., 2000, II, 285 ss., e A. ZORZI, Cancellazione della società dal registro delle imprese, estinzione della società e tutela dei creditori, ivi, 2002, Il, 91 ss.
(5) A. PAVONE LA ROSA, Il registro delle imprese, in Trattato di diritto commerciale, diretto da V. Buonocore, Torino, 2001, 35, fa notare che cancellazione in senso proprio si ha solo nell’ipotesi di cui all’art. 2191 c.c., mentre nell’ipotesi di cui al novellato art. 2495 c.c. (e dei «vecchi» artt. 2312 e 2324 c.c.) si tratta propriamente di iscrizione del fatto estintivo della società, cui si applica dunque la procedura di cui all’art. 2189 c.c.: si v. infatti l’art. 2196, comma 2, c.c. (che parla di iscrizione della cessazione dell’impresa commerciale individuale) e l’art. 18, comma 3, del d.p.r. n. 581 del 1995, ossia del regolamento del registro delle imprese (che parla di iscrizione della cessazione dell’impresa); G. MARASÀ-C. IBBA, Il registro delle imprese, Utet, 1997, 197; G. RAGUSA MAGGIORE, Il registro delle imprese3, in Codice civile. Commentario, diretto da P. Schlesinger, Milano, 2002, 113. Cfr. anche per tale distinzione, seppure ad alni fini, Trib. Bologna, 2 novembre 2000, in Società, 2001, 997 ss.
Anche alla pubblicità del fatto estintivo della società si applica inoltre l’art. 2448 c.c., relativo alla decorrenza degli effetti della pubblicazione nel registro delle imprese: v. sulla portata di tale norma A. M.GRÌ, Il trasferimento dei crediti nelle scissioni societarie, in Contr. e impr., 2003, 1500 ss.
(6) E tale conclusione sembra da mantenere ferma anche in seguito alla nota Corte cost., 21 luglio 2000, n. 319, pubblicata ad es. in Giur, it., 2000, 1857 ss., che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 10 l.f., nella parte in cui non prevede che il termine di un anno dalla cessazione dell’impresa collettiva, entro il quale può intervenire la dichiarazione di fallimento, decorra dalla sua cancellazione dal registro delle imprese della società stessa. Tale sentenza è stata infatti giustamente criticata perché sembra far coincidere il momento della cessazione dell’impresa con quello della cessazione della società, sovrapponendo la sfera dell’attività d’impresa con quella della forma societaria per l’esercizio di tale attività (cfr. G.F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale. 2. Diritto dellesocietà5, Torino, 2002, 136; G. RAGUSA MAGGIORE (nt.’5), 351 ss.; F. BARACHINI, Il fallimento dell’ex-socio dopo le sentenze della Corte Costituzionale n. 66/1999 e n. 319/2000, in Riv. dir, comm., 2000, I, 633). Si noti peraltro che nelle successive Corte cost., 7 novembre 2001, n. 361 (ord.), e Corte cost., 22 aprile 2002, n. 131 (ord.), entrambe in Giur. comm., 2002, Il, 563 ss., la Corte Costituzionale ha in so stanza accolto tali critiche, dando rilevanza alla cessazione effettiva dell’attività imprenditoriale, e specificando che «… è infatti del tutto coerente con i principi della pubblicità dichiarativa la possibilità per i terzi di provare la non veridicità del fatto iscritto e, dunque, in ipotesi, di dimostrare il compimento di atti di esercizio dell’impresa successivamente all’i scrizione della sua cessazione». In applicazione del principio enunciato dalla Corte Costituzionale v. Cass., 8 novembre 2002, n. 15677, in Fallimento, 2003, 1258 ss.
In ogni caso deve sottolinearsi che la società, anche se successivamente dichiarata fallita, già non esiste più sul mercato: il fallimento dopo l’iscrizione della cancellazione non è infatti null’altro che il procedimento volto a definire concorsualmente i rapporti obbligatori sorti e non ancora estinti durante il tempo in cui la società ha operato: ASSOCIAZIONE PREITE, Il nuovo diritto delle società, Bologna, 2003, 366.
(7) Ai sensi del quale il Presidente del Tribunale del capoluogo della provincia in cui è registrata la persona giuridica, chiusa la fase di liquidazione, ordina la comunicazione alle prefetture di tale notizia affinché dispongano la cancellazione dell’ente dal registro delle persone giuridiche: v. M.V. DE GIORGI, La riforma del procedimento per l’attribuzione della personalità giuridica, in Nuove leggi civ., 2000, 1342.
(8) Nel Progetto di rifonna della disciplina delle società di persone (c.d. Progetto Rovelli) è prevista una disposizione (art. 2304) secondo cui dopo la cancellazione della società i creditori sociali possono far valere i loro crediti soltanto nei confronti dei soci: v. M. SANDULLI, Lo scioglimento e la fine della società, in Le disposizioni generali sulle società e le società di persone, Atti del Convegno di Studio di Lecce, 27 e 28 ottobre 2000, a cura di N. Rocco di Torre Padula, Milano, 2001, 145 ss.
(9) In Spagna la Ley de sociedades anònimas all’art. 278, la Ley de sociedades de re sponsabilidad limitada all’art. 122 e il Texto Refundido de la Ley de Sociedades Anónimas all’art. 278 (norme cui corrisponde l’art. 247 del Reglamento del Registro mercantil) prevedono che l’estinzione si compia con la iscrizione della scrittura pubblica di estinzione della società nel Registro mercantil e con la pubblicazione di tale scrittura nel Boletín Oficial del Registro Mercantil. Si noti che gli autori spagnoli sostengono che la soluzione prescelta dal legislatore (di ancorare l’estinzione della società all’iscrizione della cancellazione) è stata ispirata dal precedente art. 2456 c.c. italiano: v. J. PULGAR EZOUERRA, La cancelación registral de las sociedades de capital, Madrid, 1998, 56. L’art. 160 del Código das Sociedades Comerciais portoghese prevede che la società si estingua con l’iscrizione nel Registro comercial della chiusura della liquidazione: cfr. R. VENTURA, Dissolução e Liquidação de Sociedades3, Coimbra, 2003, 433 ss.; la Lei das S.A. brasiliana (Lei n. 6.404 del 1976, come modificata dalla Lei n. 10.303 del 2001) all’art. 218 prevede che dalla chiusura della liquidazione il creditore non soddisfatto possa agire contro i soci e i liquidatoti. Pure l’art.237-11 Code comm. francese stabilisce che con la cancellazione dal registro di commercio e l’inserzione della notizia nel Bulletin officiel des annonces civiles et commerciales la società si estingue: la giurisprudenza, peraltro, richiede anche la sostanziale liquidazione di tutti i rapporti: v. P. LE CANNU, Droit des sociétés, Paris, 2002, 319; G. RIPERT-R. ROBLOT, Traité de droit commercial18, sous la direction de M. Germain, tome 1, volume 2, 2002, 96. In Germania prevale la Lehre vom Doppeltatbestand (doppia fattispecie) che richiede per l’estinzione la cancellazione dal registro delle imprese e l’assenza di patrimonio (Vermögenslosigkeit): cfr. K. SCHMIDT, Löschung und Beendigung der GmbH, in GmbHR, 1988, 209 ss.; ID., Gesellschaftsrecht4, Köln-Berlin-Bonn-München, 2002, 932 (con riferimento alla AG) e 1203 (con riferimento alla GmbH); I. SAENGER, Die im Handelsregister gelöschte GmbH im Prozess, in GmbHR, 1994, 306; in giurisprudenza da ultimo in tal senso OLG Koblenz, 1° aprile 1998, in ZIP, 1998, 967 ss. Contra U. HÜFFER, § 273, in Münchener Kommentar zum Aktiengesetz2, München, 2001, Rdnn. 12 ss., 693 ss., secondo il quale l’iscrizione della cancellazione estingue in ogni caso la società di capitali.
(10) L’espressione cancellazione d’ufficio è correntemente utilizzata negli ordinamenti che già conoscono questo istituto: v. ad es. J. PULGAR EZQUERRA (nt. 9), 75 ss., che dedica una parte della monografia a tali aspetti e ove critiche alla c.d. cancellazione giudiziale; ulteriori riferimenti in G. NICCOLINI, Interessi pubblici e interessi privati nella estinzione della società, Milano, 1990, 373 ss.; F. SACRISTÁN BERGIA, La extincióm por disolución de la sociedad de re sponsabilidad limitada, Madrid, 2003, 251 ss.
(11) In particolare, come si vedrà, l’effetto rilevante di tale rinvio è la responsabilità dei liquidatori ex art. 2495, comma 2, c.c.: v. paragrafo 7. Per un approfondito commento all’art. 2490, comma 6, c.c., che sembra risentire di una concezione sanzionatoria (nei riguardi della società e quindi dei suoi soci) della cancellazione v. G. NICCOLINI, Ari. 2490, in Società di capitali, a cura di G. Niccolini e A. Stagno d’Alcontres, in corso di pubblicazione, Napoli, 2004, § 5, che si è potuto consultare grazie alla cortesia dell’Autore.
(12) Con una disposizione che probabilmente si può ritenere, peraltro, analogicamente applicabile anche all’ipotesi di cui all’art. art. 2490, comma 6, c.c.: v. nel testo.
(13) Rileva la mancanza di coordinamento tra le due disposizioni (art. 2490, comma 6, c.c. e art. 2545-octiesdecies, comma 2, c.c.) A. PACIELLO, Bilanci in fase di liquidazione, in La riforma delle società, Commentario del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, a cura di M. Sandulli e V. Santoro, Giappichelli, 289. Osserva ulteriormente G. NICCOLINI, La disciplina (nt. 2), 192, che la norma dell’art. 2490, comma 6, c.c. non ha neppure predisposto una specifica forma di interpello preventivo della società; tuttavia, prosegue l’Autore, la lacuna potrebbe colmarsi applicando gli artt. 2190 c.c. e 16 del regolamento del registro delle imprese (d.p.r. n. 581 del 1995), che prevedono una preliminare informazione del soggetto destinatario del provvedimento di cancellazione, oltre che una reclamabilità di tale provvedimento; ID. (nt. 11), § 5, ove l’Autore nota ulteriormente che la cancellazione di una società cooperativa produce gli stessi effetti (art. 2495 c.c.) della cancellazione di una società di capitali, in virtù del generale richiamo contenuto all’art. 2519 c.c. Secondo G. MARASÀ, Il ruolo della pubblicità nella riforma delle società di capitali e delle cooperative, in Riv. dir. impr., 2003, 11, invece, la disciplina dell’art. 2545-octiesdecies c.c. è una disciplina particolare per le cooperative, destinata ad aggiungersi a quella generale dell’art. 2490, ult. comma, c.c. che rimane comunque applicabile.
(14) Sul collegamento tra art. 2332 c.c. e 223-quater, comma 2, disp. att. cfr. anche G. PALMIERI, La nuova disciplina della nullità della società per azioni,in questa Rivista, 2003, 854.
(15) Inoltre l’art. 223-quater, comma 2, disp. att. e transit., prevede che il tribunale, prima di procedere alla cancellazione, debba sentire la società. Un altro indice normativo, dunque, per accogliere la tesi ricordata alla nt. 13, secondo la quale è necessaria una forma di interpello preventivo della società prima dell’iscrizione d’ufficio della cancellazione.
(16) Si noti che l’art. 2280 c.c., dettato in tema di società di persone, che vieta la ripartizione tra i soci dei beni sociali finché non siano pagati i creditori, non risulta più espressamente richiamato nella disciplina delle società di capitali (come in precedenza invece disponeva l’art. 2452, comma 1, c.c.). Tuttavia tale principio deve ritenersi comunque applicabile, in quanto l’art. 2491, comma 2, c.c., pennette la ripartizione di acconti sul risultato della liquidazione, ma solo se tale ripartizione non incide sulla disponibilità di somme idonee alla integrale e tempestiva soddisfazione dei creditori sociali. Sulla portata di tale norma v. per tutti G. NICCOLINI, La disciplina (nt. 2), 182 ss.; G. FERRI jr, La gestione di società in liquidazione, in Riv. dir. comm., 2003, I, 422.
(17) Cfr. per le ragioni alla base dell’orientamento giurisprudenziale R. COSTI, Estinzione delle società, esigenze del processo economico e politica dei giudici, in Giur. comm., 1974, II, 401 ss.; G. NICCOLINI (nt. 1), 704 ss.; M. SPERANZIN (nt. 4), 289 ss.; Trib. Monza, 12 febbraio 2001, cit.
(18) Coincidente già nel vigore del precedente art. 2456 c.c., come si ricordava, con l’iscrizione della cancellazione dal registro delle imprese.
(19) Tale obbligo di richiedere l’iscrizione della cancellazione sussiste in quanto altrimenti i creditori non potrebbero far valere le azioni di cui agli artt. 2495, comma 2, c.c.: v. in Spagna F. SACRISTÁN BERGIA (nt. 10), 267. In sostanza i creditori sociali, in mancanza dell’iscrizione della cancellazione, potrebbero agire nei confronti della società (priva, peraltro, di attivo), nonché dei liquidatori, ma ai sensi degli artt. 2489, comma 2, e 2491, comma 3, c.c., e non dell’art. 2495, comma 2, c.c. (v, per la differenza il paragrafo 7).
(20) Avanzata da P. GRECO, Le società nel sistema legislativo italiano. Lineamenti generali, Torino, 1959, 446, nt. 117, e sviluppata soprattutto da R COSTI, Le sopravvenienze passive dopo la liquidazione delle società per azioni, in Riv. dir. civ., 1964, I, 280 ss.
(21) Si noti che è stata recentemente sollevata ai sensi degli artt. 3 e 24 Cost. la questione di legittimità costituzionale del termine dei tre mesi – dall’iscrizione del deposito presso l’ufficio del registro delle imprese – concesso ai soci per proporre reclamo avverso il bilancio finale di liquidazione, ma la Corte Suprema (Cass., 19 aprile 2002, n. 5716, in Giur. it., 2002, 1643 ss.) ha ritenuto tale questione manifestamente infondata.