Art. 2438
Aumento di capitale
Un aumento di capitale non può essere eseguito fi no a che le azioni precedentemente emesse non siano interamente liberate.
In caso di violazione del precedente comma, gli amministratori sono solidalmente responsabili per i danni arrecati ai soci ed ai terzi. Restano in ogni caso salvi gli obblighi assunti con la sottoscrizione delle azioni emesse in violazione del precedente comma.
Commento di MARCO SPERANZIN
1. PRECEDENTE DISCIPLINA. – LE NOVITÀ DELLA NORMA. – 2. LA RATIO DELLA NORMA E IL COORDINAMENTO CON L’ART. 2420-BIS C.C. – 3. IL PRIMO COMMA: L’AMBITO DI OPERATIVITÀ DEL DIVIETO… – 4. …E LE FATTISPECIE CONSENTITE. – 5. IL SECONDO COMMA: LA SALVEZZA DELLE SOTTOSCRIZIONI E LA RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI. – 6. DELIBERA DI AUMENTO DEL CAPITALE IN PRESENZA DI PERDITE.
1. Precedente disciplina. Le novità della norma
La formulazione dell’art. 2438 c.c., prima della modifica del 2003, disponeva che non potessero emettersi nuove azioni fi no a che le azioni precedentemente emesse non fossero state interamente liberate. Si trattava di una disposizione che riproduceva una norma del codice di commercio del 1882 e che non era stata modificata dal d.p.r. 10.2.1986, 30, ossia dal provvedimento di attuazione della II Direttiva CE, in quanto quest’ultima non si occupa dei presupposti dell’aumento di capitale.
Il dibattito sull’ambito applicativo dell’art. 2438 c.c. si era concentrato sull’ammissibilità o meno dell’assunzione di una delibera di aumento da parte dell’assemblea in mancanza di integrale liberazione delle azioni precedentemente emesse. Secondo la tesi prevalente, anche se non pacifica, la disposizione impediva non solo di eseguire un aumento di capitale, ma anche di deliberarlo nel caso in cui fossero state sottoscritte azioni non interamente liberate o potessero essere sottoscritte, in forza di una delibera assunta ma ancora inattuata, azioni senza contestuale integrale liberazione1.
La legge delega al Governo per la riforma del diritto societario (l. 3.10.2001, 366) non forniva al legislatore delegato particolari indirizzi in materia, limitandosi a stabilire (art. 4, c. 9, lett. b) la revisione della disciplina dell’aumento del capitale. Tuttavia l’introduzione del nuovo testo dell’art. 2438 c.c. era stata preceduta dall’abrogazione della fattispecie penale dell’art. 2630, c. 1, n. 1, c.c., che sanzionava gli amministratori che emettono nuove azioni o attribuiscono nuove quote prima che quelle sottoscritte precedentemente siano state interamente liberate2.
La nuova disposizione prevede ora al c. 1 che un aumento di capitale non può essere eseguito finché le azioni precedentemente emesse non siano interamente liberate; al c. 2 specifica che gli obblighi assunti con la sottoscrizione delle azioni emesse in violazione della norma restano salvi, ferma la responsabilità solidale degli amministratori nei confronti dei soci e dei terzi per i danni arrecati.
2. La ratio della norma e il coordinamento con l’art. 2420-bis c.c.
La ratio dell’art. 2438 c.c. è ricondotta dalla tesi prevalente, seppur con diverse sfumature, ad un generale sfavore verso la costituzione di un patrimonio formato da crediti nei confronti dei soci (crediti che potrebbero risultare di difficile realizzazione), al fi ne di garantire un equilibrato ricorso alle fonti di finanziamento, nonché al fi ne di impedire abusi da parte dell’organo amministrativo e dei soci di maggioranza3; si intende soprattutto evitare che la società proponga un’immagine falsa della propria situazione finanziaria sollecitando nuove operazioni sul capitale4.
La norma, come modificata dalla riforma, attenua la portata del divieto in quanto consente ora di deliberare un aumento di capitale, ossia di programmare la raccolta delle sottoscrizioni, anche quando il precedente aumento di capitale sia stato eseguito, ma non interamente liberato5. L’organo amministrativo ha il dovere di non dare esecuzione alla delibera fino a che le azioni precedentemente emesse non siano interamente liberate.
L’interpretazione è confermata dalla corrispondente norma in materia di s.r.l., l’art. 2481, c. 2, c.c. (che vieta l’attuazione della decisione di aumento del capitale in presenza di un precedente aumento non completamente liberato). Non è stata invece modificata la disposizione in tema di emissione di obbligazioni convertibili (art. 2420-bis c.c.), che continua a prevedere che la deliberazione di emissione del prestito convertendo non può essere adottata se il capitale sociale non è stato integralmente versato. Si tratta, secondo la tesi prevalente, di un difetto di coordinamento. Già prima della riforma si giungeva, da parte della dottrina e con riferimento alla delibera ex art. 2420-bis, c. 1, prima parte, c.c., alla conclusione ora prevista dal nuovo art. 2438 c.c. (divieto di eseguire la delibera)6; inoltre il divieto ex art. 2420-bis, c. 1, prima parte, c.c. è finalizzato a impedire l’elusione, attraverso l’emissione di un prestito obbligazionario convertibile, degli stessi interessi tutelati dall’art. 2438 c.c.7. Il mancato coordinamento tra la norma in commento e l’art. 2420-bis, c. 1, prima parte, c.c. può essere quindi risolto in via sistematica dall’interprete: anche l’aumento di capitale a servizio del prestito e, secondo alcuni, l’emissione delle obbligazioni possono essere deliberati nel caso in cui il capitale sociale non risulti interamente versato, fermo restando il divieto di esecuzione della delibera (e quindi, ad es., il divieto di emettere i titoli, ossia obbligazioni convertibili o warrant)8.
Secondo altri, invece, tale disposizione vieta la stessa delibera di aumento (e la contestuale decisione di emissione delle obbligazioni), in quanto la protezione dell’obbligazionista come creditore (fi no al momento della conversione) deve essere più incisiva rispetto a quella del sottoscrittore di un aumento del capitale9; del resto la società non può limitarsi a deliberare l’aumento del capitale sociale e la contestuale emissione delle obbligazioni, perché nel caso dell’art. 2420-bis c.c. – a differenza dell’art. 2438 c.c. – l’organo amministrativo non ha il potere-dovere di attendere a dare esecuzione all’aumento (al servizio della conversione) fi no all’integrale liberazione delle azioni precedentemente emesse: gli obbligazionisti, infatti, hanno il diritto di convertire le obbligazioni alle scadenze previste dal regolamento del prestito, e la società non può rifiutare l’emissione delle relative azioni.
In ogni caso, anche alla luce del nuovo testo dell’art. 2438 c.c., la clausola comunemente inserita nei verbali assembleari di aumento del capitale, secondo cui il presidente dell’assemblea attesta che il capitale sociale risulta interamente sottoscritto e versato, appare utile (sebbene non è più necessaria per la deliberazione assembleare), perché chiarisce che il nuovo aumento di capitale risulta immediatamente eseguibile10.
3. Il primo comma: l’ambito di operatività del divieto…
La norma impedisce l’esecuzione di un aumento di capitale quando le azioni precedentemente emesse non risultano interamente liberate, ossia quando non è stato versato l’intero conferimento in danaro11.
Innanzitutto risulta opportuno distinguere emissione delle azioni ed esecuzione dell’aumento del capitale. La prima individua il momento in cui viene creata la partecipazione sociale (v. anche art. 2346 c.c.), momento che, dal punto di vista del rapporto società-socio e come si vedrà nel commento all’articolo seguente, coincide con la sottoscrizione (di una parte) dell’aumento del capitale; la sottoscrizione vincola colui che la esegue e la società, e costituisce la «causa» della creazione della partecipazione azionaria, che può poi (eventualmente) concretizzarsi in un titolo azionario12.
Un’interpretazione diversa, che distingua la sottoscrizione dell’aumento di capitale, intesa come nascita del vincolo tra sottoscrittore e società, rispetto all’emissione delle azioni, intesa come creazione della partecipazione sociale, potrebbe sostenersi sulla base di un argomento strettamente letterale, ossia osservando che il secondo comma della norma in commento stabilisce che «restano…salvi gli obblighi assunti con la sottoscrizione delle azioni emesse in violazione del precedente comma». Potrebbe quindi sostenersi che la norma pone un vincolo solo nei casi in cui vi sia stata o vi debba essere l’emissione materiale dei titoli azionari, al fi ne di tutelare la circolazione in forma cartolare.
Al di là dei significati che può assumere, nelle diverse disposizioni normative, il termine «emissione» delle azioni13, l’interpretazione letterale proposta non appare convincente, in virtù delle diverse modalità di rappresentazione delle partecipazioni azionarie ex art. 2355 c.c. (emissione o meno dei titoli azionari; azioni dematerializzate), che non paiono giustificare (almeno nel caso della circolazione dei titoli e delle azioni dematerializzate) una conclusione diversificata, che renda applicabile solo nel caso dei titoli l’art. 2438 c.c.; e in virtù dell’osservazione che il legislatore ha considerato come ipotesi ordinaria la correlazione tra partecipazione azionaria e rappresentazione cartolare della stessa, come confermano numerose norme (in primo luogo l’art. 2346 c.c., ma v. anche gli artt. 2354, 2355 e 2437-bis, c. 2, c.c.)14. Inoltre la ratio dell’art. 2438 c.c. non è (o almeno non è solo) diretta ad impedire una circolazione dei titoli azionari non interamente liberati15. L’azione rileva dunque, ai fini della norma in esame, come partecipazione sociale e non come titolo rappresentativo.
Più complesso appare stabilire cosa significhi il divieto di esecuzione del secondo aumento di capitale e a quali attività di attuazione della delibera questo divieto si estenda. Una volta che l’assemblea (o l’organo amministrativo delegato ex art. 2443 c.c.) ha deliberato il secondo aumento di capitale, e una volta che tale delibera risulta iscritta nel registro delle imprese16, non è chiaro infatti se, in presenza di un precedente aumento non interamente liberato, sia preclusa ogni tipo di attività esecutiva, oppure se vi sia qualche spazio per attività strumentali alla realizzazione della fattispecie di aumento del capitale.
La dottrina che si è occupata finora dell’argomento è orientata a ritenere che non si possa procedere alla raccolta delle sottoscrizioni dell’aumento di capitale, che perfezionano immediatamente il vincolo tra la società e gli aderenti17. Risulta pertanto necessario distinguere tra aumento del capitale con diritto di opzione a favore dei soci e con esclusione del diritto di opzione. Nel primo caso l’esecuzione inizia con la pubblicazione dell’offerta ai sensi dell’art. 2441, c. 2, c.c.: non è consentita l’iscrizione nel registro delle imprese dell’avviso di opzione relativamente al secondo aumento di capitale (altrimenti la società non potrebbe rifiutare la sottoscrizione delle nuove partecipazioni); nel secondo caso l’esecuzione inizia con la sottoscrizione da parte dei terzi individuati dagli amministratori.
Poiché la ratio della norma viene collegata alla necessità di garantire un equilibrato ricorso alle fonti di finanziamento e di impedire abusi da parte dell’organo amministrativo e dei soci di maggioranza, non sembra invece possa costituire esecuzione in senso tecnico la pubblicità della delibera di aumento del capitale («omologazione» notarile e iscrizione nel registro delle imprese), che costituisce solamente un adempimento necessario per l’efficacia della delibera18, così come non costituisce esecuzione in senso tecnico tutto ciò che riguarda la concretizzazione della delibera di aumento di capitale programmato, quale, ad esempio, l’eventuale ricerca dei sottoscrittori (nel caso di aumento con esclusione del diritto di opzione), oppure l’eventuale delibera dell’organo amministrativo che richieda che la futura (ed eventuale) sottoscrizione del nuovo aumento debba rivestire una determinata forma o sia accompagnata da determinati adempimenti materiali19.
Maggiormente dubbia è invece la possibilità di procedere alla raccolta di sottoscrizioni subordinate all’integrale liberazione delle azioni emesse sulla base del o dei precedenti aumenti di capitale, in quanto tale raccolta costituisce indubbiamente esecuzione della delibera e poiché si porrebbe altrimenti in pericolo uno degli obiettivi che la norma vuole impedire (possibili abusi nella gestione della formazione del capitale sociale e della base azionaria della società).
4. …e le fattispecie consentite
In forza di tali considerazioni, in base al nuovo testo dell’art. 2438 c.c. potrà sempre deliberarsi un nuovo aumento del capitale, e quindi, ad esempio: quando le azioni emesse in relazione al precedente aumento di capitale sono state interamente liberate; quando le azioni relative al precedente aumento, pur se sottoscritte, non risultano interamente liberate (ossia è stato versato solo il venticinque per cento o comunque non il cento per cento del conferimento in danaro); quando la delibera relativa all’aumento di capitale precedente risulta ancora inattuata; quando il termine di sottoscrizione relativo ad una precedente delibera non sia ancora decorso; quando è stato deliberato un precedente aumento di capitale con attribuzione di opzioni contrattuali ( warrant) per la sottoscrizione di azioni di nuova emissione20.
Tuttavia la società potrà procedere alla esecuzione della seconda delibera di aumento solo quando le azioni emesse in relazione al precedente aumento di capitale sono state interamente liberate, oppure quando la delibera relativa all’aumento di capitale precedente, ancora completamente inattuata, verrà eseguita successivamente (ad esempio: il primo aumento del capitale è al servizio di un’emissione di obbligazioni convertibili) o dispone che le azioni devono essere interamente liberate contestualmente alla sottoscrizione, in quanto in quest’ultima ipotesi manca il presupposto di operatività del divieto di legge,