Sommario: 1. Il problema: la decisione dei soci che «deroga» all’atto costitutivo (Satzungsdurchbrechung). – 2. Un caso in tema di determinazione del valore di liquidazione della partecipazione del socio receduto. – 3. Deroghe puntuali e con effetti protratti: legittimità ed efficacia delle deroghe puntuali. – 4. Interpretazione o conversione della deroga con effetti protratti in patto parasociale. – 5. Validità del patto parasociale concernente la determinazione del valore di liquidazione della quota del socio receduto e opponibilità del patto al socio da parte della società.
1. Il problema: la decisione dei soci che «deroga» all’atto costitutivo (Satzungsdurchbrechung).
Non è infrequente che tutti i soci di una società di capitali, in particolare s.r.l., assumano delle decisioni che divergono rispetto al contenuto dell’atto costitutivo, senza deliberare, tuttavia, una formale modifica delle regole statutarie.
Le finalità possono essere varie; di norma lo scopo è quello di disciplinare occasionalmente, ossia una tantum, una determinata situazione in modo difforme dalle previsioni organizzative, destinate a rimanere efficaci e vincolanti per ogni caso futuro: si pensi alla necessità di consentire l’alienazione, da parte di un socio, della partecipazione nel caso in cui nell’atto costitutivo sia inserito un divieto assoluto di circolazione della quota ex art. 2469 c.c.1; oppure all’accantonamento a riserva, in occasione della delibera di approvazione del bilancio di esercizio, della parte degli utili che l’atto costitutivo prevede siano distribuiti ai soci2.
In altri casi si vuole modificare sempre temporaneamente, ma non occasionalmente, il contenuto delle regole statutarie senza l’osservanza del procedimento previsto dalla legge all’art. 2480 c.c., in quanto ritenuto inutile o costoso: si pensi alla decisione con cui si prevede che la durata della carica di un particolare amministratore sia fissata, all’atto della preposizione, in termini diversi da quanto stabilisce l’atto costitutivo3; alla liberazione, a favore di un amministratore o di un socio, dal rispetto di un obbligo di non concorrenza previsto statutariamente a loro carico.
Non è, però, altrettanto infrequente che queste decisioni (c.d. deroghe allo o disapplicazioni dell’atto costitutivo o, nella terminologia tedesca, Satzungsdurchbrechung4) possano determinare comportamenti opportunistici da parte di alcuni dei soci, i quali, in seguito, e per varie ragioni, ne invocano l’invalidità o inefficacia per evitare di soggiacervi; e assumono tale posizione proprio in considerazione della mancata adozione del formale procedimento di modifica statutaria.
Si discute, pertanto, della legittimità e dell’efficacia di siffatta deroga all’atto costitutivo: una deviazione dalla regola statutaria concordata tra tutti i soci, che può – come si diceva – avere un effetto occasionale, o anche avere efficacia temporanea, seppure protratta nel tempo; una decisione che non è formalmente una modifica statutaria, perché non ne rispetta il procedimento, ma neppure costituisce una vera e propria violazione della regola dell’atto costitutivo, perché questa rimane vincolante per ogni altro caso futuro5.
Il tema sembra, nell’ambito delle società di capitali, avere il proprio terreno di elezione all’interno della s.r.l. e in particolare della (di norma riscontrabile nella realtà imprenditoriale italiana) s.r.l. con assetto di interessi personalistico o chiusa6; molto probabilmente l’unico terreno di elezione7, come del resto si ritiene in prevalenza con riferimento al problema, connesso come si vedrà, del rilievo sul piano organizzativo dei patti parasociali sottoscritti da tutti i soci8.
Non sembra, infatti, ma non è questa la sede per approfondire l’analisi, che possano di norma avere una qualche rilevanza le deroghe allo statuto decise dai soci di una s.p.a. Ciò in considerazione della naturale apertura a terzi dell’impresa azionaria, e quindi della necessità di un’interpretazione e applicazione oggettiva e formale delle regole9; o, se si preferisce, per la sola rilevanza, in tale tipo, delle disposizioni che formano il testo dello statuto, perché il mercato – cui sono naturalmente destinate le partecipazioni nell’impresa azionaria – avverte un’esigenza di univocità delle regole10.
Nonostante la possibile diversità di conclusioni, l’analisi del problema delle deroghe all’atto costitutivo (come anche quella dell’interpretazione degli statuti) si è concentrata, nel nostro ordinamento, e per note ragioni storiche, sulla disciplina della s.p.a., con successiva estensione delle conclusioni alla s.r.l. Inversamente in altri ordinamenti, e in particolare in quello tedesco, l’analisi è incentrata su quest’ultimo tipo11. Il che pare possa giustificare una specifica trattazione, alla luce delle rilevanti innovazioni alla s.r.l. introdotte dalla riforma del diritto delle società di capitali e dalle successive modifiche legislative.
2. Un caso in tema di determinazione del valore di liquidazione della partecipazione del socio receduto.
L’esame è sollecitato da un recente e interessante caso deciso dalla Suprema Corte tedesca12.
I soci di una s.r.l. (qualificata dalla stessa decisione come Manager-GmbH, ossia una società nella quale vi è un stretta connessione tra ruolo del socio e ruolo di amministratore13) decidono, con consenso unanime, di modificare le modalità di determinazione del valore di liquidazione previste dall’atto costitutivo in caso di recesso o esclusione del socio al termine dell’attività lavorativa a favore della società. Nello specifico decidono di ridurre tale possibile valore. La delibera, assunta con l’espressa finalità di preservare il patrimonio della società, e quindi di facilitare l’ingresso di nuovi soci nell’ottica dello sviluppo dell’attività d’impresa, non segue però le forme della modifica statutaria, e quindi non riveste forma notarile né viene iscritta a registro delle imprese.
Successivamente, dopo alcuni anni, un socio recede, e pretende la liquidazione del valore della sua partecipazione non secondo quanto stabilito dalla decisione, e quindi per un importo – a parere dell’impugnante – eccessivamente ridotto; ma secondo quanto stabilito dall’atto costitutivo, in quanto il socio sostiene l’inefficacia o comunque l’invalidità della decisione. L’attore pretende di essere pagato alle condizioni originarie e ben più favorevoli, in ipotesi derogate dalla decisione unanime (e quindi anche con il suo consenso), ma in modo inefficace.
Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello danno ragione al socio recedente, in considerazione dell’orientamento, prevalente nella dottrina tedesca, per cui la deroga all’atto costitutivo ha effetto solo se puntuale, e quindi solo se si esaurisce nel disciplinare una singola circostanza o operazione; non, invece, se i suoi effetti perdurano nel tempo e possono determinare una stabile divergenza con le regole statutarie, in considerazione dell’esigenza di tutelare i futuri soci e i terzi rispetto al contenuto delle regole organizzative. Nel caso di specie a parere delle Corti la decisione di modificare le modalità di determinazione del valore di liquidazione non ha effetto puntuale, ma protratto nel tempo, in quanto può applicarsi anche ai successivi casi di recesso da parte dei soci che non hanno partecipato alla decisione medesima; e deve, quindi, considerarsi nulla14.
La Suprema Corte tedesca, invece, cassa la sentenza di secondo grado, e rimette la controversia ai giudici di merito per valutare se la decisione, assunta con il consenso di tutti i soci, invalida o inefficace sul piano sociale, possa in sede di interpretazione o di conversione considerarsi un patto parasociale; se tale patto sia valido; e se, ulteriormente e in caso affermativo, possa considerarsi un contratto a favore della società, che quest’ultimo potrebbe pertanto opporre per contestare la pretesa del socio15.
3. Deroghe puntuali e con effetti protratti: legittimità ed efficacia delle deroghe puntuali.
Il caso esaminato, che non è l’unico che può riscontrarsi nella giurisprudenza sia italiana che comunitaria16, sollecita l’analisi anche nel nostro ordinamento del tema delle deroghe all’atto costitutivo nella s.r.l.
Secondo la dottrina tedesca, che ha particolarmente approfondito il tema anche in considerazione della giurisprudenza in argomento, si ha una deviazione o deroga all’atto costitutivo quando una determinata decisione dei soci, assunta con il consenso di tutti, non segue il necessario procedimento di modifica statutaria, e quindi non risulta formalizzata in forma notarile oppure, pur se rivestita di tale forma, non viene iscritta a registro delle imprese17.
Non si pone, quindi, nel caso di specie, un problema – come noto, molto discusso – di distinzione del sociale dal parasociale, che impone innanzitutto di chiedersi se una determinata previsione inserita nell’atto costitutivo sia priva di valore corporativo e sia dotata, invece, solo di valore contrattuale o interindividuale, in quanto il socio è coinvolto uti singulus18.