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Clausole di esclusione e patti parasociali: giurisprudenza tedesca e art. 2473-bis c.c.
BGH, 14 marzo 2005 – II ZR 153/03 (OLG Frankfurt am Main), in ZIP, 2005, 706 ss.
Esclusione del socio di società a responsabilità limitata a seguito dello scioglimento di un contratto di cooperazione stipulato dalla società con tale socio – Nullità della delibera di esclusione per mancanza di un motivo oggettivo – Non sussiste.
(BGB §§ 138; 737; GmbHG § 34)
La previsione del diritto di escludere un socio da una società a responsabilità limitata senza un motivo oggettivo specifico, ma a seguito del semplice venir meno di un altro rapporto collegato al rapporto sociale, deve ritenersi in generale nulla in quanto contraria al buon costume. Tale previsione è però legittima nel caso in cui lo statuto preveda quale motivo dell’esclusione lo scioglimento di liii contratto di cooperazione stipulato dalla società con il socio e che riveste importanza prevalente rispetto al rapporto sociale (Massima non ufficiale).
BGH, 19 settembre 2005 – II ZR 173/04 (OLG Frankfurt am Main), in WA,f, 2005, 2043 ss.
Opzione di acquisto della quota del socio di società a responsabilità limitata a seguito della cessazione dall’incarico di amministratore della società – Nullità della clausola per contrasto con la disciplina dell’esclusione del socio – Non sussiste.
(BGB § 138)
La previsione del diritto di escludere un socio da una società a responsabilità limitata senza un motivo oggettivo specifico deve ritenersi nulla in quanto contraria al buon costume anche se convenuta in un patto parasociale. Tale previsione è però legittima in casi particolari, ad esempio qualora la partecipa zione sociale sia stata attribuita a seguito dell’assunzione dell’incarico di amministratore della società, e si sia contestualmente pattuito che la cessazione di tale incarico determini il diritto di opzione, a favore di un altro socio, all’acquisto della partecipazione sociale (Massima non ufficiale).
Clausole di esclusione e patti parasociali: giurisprudenza tedesca e art. 2473-bis e.e.
1. Il caso
La prima decisione pubblicata concerne la legittimità di una clausola contenuta nello statuto di una GmbH che prevede la possibilità di deliberare l’esclusione di un socio al venir meno di un contratto di cooperazione tra la stessa società ed il socio.
La s.r.l. oggetto della controversia gestiva la cooperazione internazionale nella prestazione di (non specificati) servizi ed aveva come soci i singoli partner nazionali, i quali a loro volta erano vincolati alla società da un contratto a tempo indeterminato (che prevedeva la facoltà di recesso con preavviso o per giusta causa dell’una e dell’altra parte). Orbene: la società deliberava di recedere con preavviso dal contratto di cooperazione con il partner spagnolo, e a ciò faceva seguito la decisione di esclusione del medesimo dalla s.r.l., delibera successivamente impugnata dal socio. Il BGH riconosce la legittimità della clausola di esclusione, in quanto ritiene non applicabile al caso concreto la propria giurisprudenza consolidata che sanziona con la nullità le clausole di esclusione non ancorate ad un motivo oggettivo specifico (v. infra, par. 3). La Suprema Corte tedesca osserva che da un lato la delibera di esclusione consegue al venir meno di un contratto di cui è parte la società, e risulta quindi giustificata da tale evento; dall’altro lato la decisione circa il recesso dal contratto di cooperazione spetta alla s.r.l., e non al voto determinante di uno dei soci (poiché nel caso concreto nessuno di quest’ultimi era in grado di esprimere da solo la maggioranza). Pe1tanto da ciò consegue la liceità della clausola nonché dell’esercizio del diritto di esclusione. Il BGH sottolinea inoltre, in via generale, la strumentalità che la partecipazione sociale (e quindi il contratto di società) può rivestire in dete1minate ipotesi rispetto ad un altro rapporto contrattuale, sicché una volta risolto quest’ultimo può legittimamente provvedersi allo scioglimento anche del primo (limitatamente ad un socio).
La seconda sentenza in commento costituisce una decisione particolarmente attesa nell’ambiente giuridico tedesco, in quanto nel corso del 2004 erano state pubblicate due sentenze di merito che si erano pronunciate, sulla medesima vicenda, in te1mini diametralmente opposti (v. infra, par. 3). La questione decisa è la seguente: la legittimità di clausole che prevedano quale effetto l’esclusione del socio nel caso in cui venga meno la qualifica di amministratore rivestita dal socio stesso. Nella fattispecie concreta si trattava di una società holding che gestiva, in diversi ambiti territoriali, dei negozi tramite delle Vorort-GmbH (delle società destinate ad operare nei singoli paesi) possedute per il 95% del capitale dalla stessa holding, per il 5% del capitale sociale dal socio amministratore. Quest’ultimo aveva avuto la possibilità di acquistare tale 5% al valore e nominale, ma aveva dovuto sottoscrivere contestualmente un’opzione, in base alla quale si obbligava a vendere all’altro socio la partecipazione al venir meno del suo incarico di gestore e per un valore predeterminato (che tenesse conto del fatturato della società nel periodo di sua amministrazione). Poiché la società holding poteva liberamente revocare l’amministratore (in forza della partecipazione al 95% del capitale sociale della Vorort-GmbH), l’opzione di acquisto avrebbe potuto ritenersi, in ipotesi, contraria all’ordine pubblico in quanto strumento di sostanziale esclusione del socio in mancanza di un motivo oggettivo specifico.
Il BGH riconosce la legittimità anche di tale pattuizione, richiamando la propria giurisprudenza consolidata, che considera in astratto nulla la clausola di esclusione o il complesso di clausole che ha per effetto l’esclusione non ancorate ad un motivo oggettivo specifico, ma riconosce la possibilità di eccezioni a tale principio, qualora vi siano ragioni ulteriori di validità della clausola (o del complesso di clausole) nel caso concreto. La Suprema Corte tedesca ritiene che la partecipazione sociale dell’amministratore unico sia strumentale a rafforzare i legami del soggetto con l’impresa, e che siffatta configurazione del rapporto legittimi l’opzione di acquisto a favore del socio di maggioranza, in quanto quest’ultimo deve essere libero, al venir meno dell’incarico di amministratore, di poter sostituire un nuovo soggetto nei due rapporti. Tale configurazione esclude altresì, a parere del BGH, qualsiasi violazione della parità di trattamento tra i soci.
2. Normativa di riferimento
«II recesso e l’esclusione del socio… Senza questi due istituti il diritto della s.r.l. sarebbe irragionevole e le conseguenze per la prassi assurde». Cosl, in una delle opere fondamentali di diritto delle società tedesche, si conclude la parte relativa al recesso e l’esclusione del socio nella s.r.l. 1. Ciò sebbene la legge sulla GmbH non preveda una disciplina specifica dell’esclusione del socio; contempla solo, al § 34, la Einziehung, ossia, propriamente, il riscatto e l’annullamento di determinate partecipazioni sociali per specifiche ragioni previste nell’atto costitutivo.
Da un lato nella prassi statutaria la clausola di Einziehung viene pertanto utilizzata spesso come strumento di esclusione di un socio 2; dall’altro la dottrina e la giurisprudenza tedesca riconoscono ulteriormente, in analogia con la disciplina delle società di persone (§ 140 HGB) o con quella dello scioglimento della società (§ 60 GmbHG), la possibilità di deliberare l’esclusione di un socio (Ausschluss o Ausschliessung) sia sulla base di specifiche clausole statutarie o parasociali, sia a prescindere dall’esistenza di una specifica pattuizione e purché vi sia una giusta causa (aus wichtigem Grund)3.
Le due sentenze che qui si commentano riguardano questioni in tema di clausole di esclusione (la prima: si tratta propriamente di un caso di Einziehung) o che hanno come effetto l’esclusione (la seconda), e sono di un ce1to interesse per il lettore italiano in quanto affrontano alcuni profili problematici che anche l’art. 2473-bis e.e. può comportare (v. infra, par. 5). Si occupano entrambe dell’eventuale invalidità per contrarietà all’ordine pubblico e al buon costume di tali clausole ai sensi della nor ma generale del BGB (§ 138, corrispondente al nostro mi. 1418 e.e.); nonché del connesso aspetto della possi bile estensione della nullità ad altre clausole (del contratto sociale o parasociale in cui le pattuizioni che legittimano o hanno per effetto l’esclusione sono contenute).
Entrambe le sentenze rilevano, inoltre, poiché affermano il principio che la partecipazione sociale può costituire un rapporto accessorio ad (un «semplice allegato» di) un altro contratto, sicché il venir meno di tale contratto «collegato» può determinare altresì lo scioglimento del rapporto sociale 4. Una sorta di collegamento «inverso» (ricordando quello tra sociale e parasociale) tra quanto è al di fuori dello statuto e le clausole di quest’ultimo, collegamento che rileva per l’esecuzione e l’interpretazione del contratto di società.
In particolare nel primo caso si tratta di un contratto di cooperazione tra socio e società, dal quale quest’ultima può liberamente recedere con delibera a maggioranza 5 ( e con successiva e conseguente possibilità, dunque, di esclusione del socio); nella fattispecie della seconda sentenza il presupposto dell’esclusione del socioamministratore è legato alla semplice volontà dell’altro socio, il quale, titolare del 95% del capitale sociale, può liberamente revocare l’amministratore di una GmbH (v. § 38, Abs. 1, GmbHG), e quindi concretizzare l’evento che costituisce la condizione per l’esercizio dell’opzione (che comporta di fatto l’uscita del socio titolare della partecipazione di minoranza).
3. Precedenti giurisprudenziali
In merito alla prima sentenza non si riscontrano precedenti nell’ordinamento tedesco. Anche la dottrina sottolinea infatti la novità di tale decisione, in quanto per la prima volta la Suprema Colte pone a fondamento della legittimità della clausola la circostanza che l’evento determinante l’esclusione sia frutto di una decisione della società, e che l’assemblea non risulti controllata (sembra: né di diritto, né di fatto) da alcuno dei soci 6.
Con riferimento al caso oggetto della seconda decisione, la giurisprudenza tedesca si era pronunciata, nel corso del 2004 e come accennato, in modo diametralmente opposto.
Una sentenza dell’OLG Frankfurt aveva ritenuto la clausola che prevede l’opzione nulla, in quanto contraria all’ordine pubblico e al buon costume 7. Il socio vincolato dalla pattuizione non sarebbe, infatti, libero di esercitare i diritti sociali in modo autonomo, ma risulterebbe limitato dalla necessità di seguire la volontà del socio di maggioranza che potrebbe anche fame venir meno la qualità di socio, mediante la revoca dell’incarico di amministratore e a seguito dell’esercizio dell’opzione (o della successiva accettazione della proposta irrevocabile di vendita della partecipazione). Il socio di minoranza non sarebbe quindi, secondo la Cotte d’Appello, tale, ma sarebbe un «impiegato» del socio di maggioranza. I due negozi (acquisto della quota e opzione) dovrebbero considerarsi pertanto nulli, con conseguente sorgere a carico delle parti degli obblighi restitutori derivanti dalla pronuncia di nullità di entrambi i contratti.
Secondo OLG Düsseldorf, invece (sentenza preceduta da una decisione analoga dell’OLG Celle8), il complesso delle clausole deve ritenersi valido, in quanto alla luce di mia Gesamtschau dell’operazione quest’ultima appare equilibrata: da un lato il socio amministratore ha avuto la possibilità di acquistare la partecipazione nella GmbH ad un valore molto conveniente (il valore nominale) e man tiene la possibilità di rivenderla – a seguito dell’opzione che l’altro socio può esercitare – ad un prezzo predeterminato decisamente superiore; dall’altro il socio amministratore può conseguire nel corso degli anni gli utili (che contribuisce direttamente a produrre in ragione del suo incarico e che devono essergli distribuiti con preferenza), mentre il rischio imprenditoriale viene corso quasi esclusivamente dal socio di maggioranza (ossia la società holding). Il socio-amministratore non partecipa infatti sostanzialmente alle perdite (salvi i casi della riduzione del capitale o dello scioglimento anticipato della società), poiché il prezzo dell’opzione è già predeterminato.
Le due sentenze interpretano in modo diverso la giurisprudenza del BGH che fin dal 1977 ha ritenuto principio basilare del diritto delle società che la clausola di esclusione del socio preveda quale presupposto di applicazione un motivo oggettivo specifico.
L’interpretazione della Suprema Corte tedesca è espressa sia in tema di società di persone, che di s.r.l., che di società tra professionisti, e riguarda sia le clausole statutarie che attribuiscono ad un socio, a un gruppo di soci o alla maggioranza il potere di escludere, sia le pattuizioni parasociali che hanno come effetto l’esclusione di un socio; tale interpretazione si fonda sulla considerazione secondo cui il diritto di esclusione non collegato a parametri specificamente individuati viola la libertà del socio, e quindi l’ordine pubblico e il buon costume, con conseguente nullità della pattuizione ai sensi del § 138 BGB. Questa clausola infatti costituisce una «spada di Damocle» all’esercizio dei diritti sociali e al principio della collaborazione tra i soci 9, e rende uno o più dei partecipanti al contratto di società un Gesellschafter minderen Rechts. Solo eccezionalmente – sempre secondo il BGH – risulta possibile ritenere il patto (sia esso contenuto nello statuto o in un contratto parasociale) valido. Ad esempio, quando si tratta di una società tra professionisti, e la clausola di esclusione, che deve essere però circoscritta entro un limite temporale ben determinato, sia strumentale al controllo, da parte dei vecchi soci, dell’affidabilità del nuovo entrato 10; oppure quando il diritto di esclusione è riconosciuto nei confronti degli eredi del socio defunto (sempre entro un limite temporale ben determinato), al fine di verificare l’attitudine dei nuovi entrati a partecipare all’impresa; oppure ancora quando il rapporto sociale è collegato ad un rapporto fiduciario tra i soci, e questo viene meno 11; infine quando la partecipazione sociale è legata alla pro prietà di un appartamento in un complesso immobiliare 12
4. Dottrina
Il primo caso oggetto di questa nota ha sollevato l’interesse della dottrina in quanto viene sancito – come accennato: senza precedenti, seppure non quale unica ratio decidendi – che la mancanza di un socio in grado da solo di esprimere la maggioranza legittima le clausole di esclusione anche in assenza di un motivo oggettivo specifico 13. Quest’interpretazione tuttavia è stata criticata, in quanto la mancanza di un unico socio di maggioranza non toglie che il socio possa essere soggetto – volendo seguire il tradizionale orientamento del BGH – alla «spada di Damocle» dell’esclusione e quindi non possa esercitare i diritti sociali in modo libero 14. Del resto nelle decisioni della Cassazione tedesca il presupposto dell’invalidità della clausola di esclusione è sempre stato la mancanza del motivo oggettivo specifico, e non il soggetto cui tale potere è attribuito. La sentenza è inoltre rilevante, come si diceva, per l’affermazione del carattere subordinato che il rapporto societario può rivestire rispetto ad altro rapporto, sicché tale carattere e quindi il collegato rapporto paiono utilizzabili, secondo il BGH, a livello di interpretazione della clausola di esclusione.
Con riferimento alla seconda decisione pubblicata, si noti che la dottrina tedesca, per lo più favorevole alla validità delle clausole di esclusione o che hanno per effetto di esclusione 15, era insorta di fronte alla sentenza dell’OLG Frankfurt sopra riassunta. In particolare si temeva che la diffusione del principio enunciato nella decisione potesse minare la legittimità di varie clausole contenute negli statuti e nei patti parasociali, tra le quali in particolare le c.d. leaver clauses, inserite nei contratti di acquisizione e di private equity: tali pattuizioni sono volte a regolare lo scioglimento del rapporto tra l’amministratore e la società al ricorrere di determinati presupposti 16. Dal punto di vista giuridico, inoltre, la sentenza dell’OLG Frankfurt si esponeva a penetranti censure; ad esempio quella di ritenere contraria all’ordine pubblico e al buon costume, e quindi nulla, una pattuizione che il giudice considera irragionevole dal punto di vista economico 17. La sentenza della Suprema Cotte qui pubblicata ha invece tranquillizzato la dottrina ed è stata considerata una decisione da approvare.
Le due recenti sentenze del BGH confermano che è ormai la regola – nota la dottrina quasi unanime – che le clausole di esclusione, pur non ancorate a un giustificato motivo oggettivo predeterminato, vengano ritenute, anche in giurisprudenza, legittime: l’illiceità di tali clausole è diventata inversamente l’eccezione 18 I casi in cui viene dichiarata la nullità delle clausole paiono infatti più rari rispetto a quelli in cui invece ne è affermata la validità.
Del resto secondo gli autori tedeschi l’interpretazione della Suprema Corte, in teoria favorevole alla nullità delle clausole, non è giustificabile, in quanto anticipa la possibile valutazione sull’illegittimità della delibera di esclusione a valutazione sulla validità della clausola di esclusione; dovrebbero invece ritenersi ammissibili anche clausole non ancorate alla giusta causa o al motivo oggettivo specifico, salvo un eventuale giudizio di contrarietà alla buona fede o di abuso del dritto nel concreto esercizio del potere di esclusione 19. In sostanza è la singola delibera che determina l’esclusione del socio (o comunque il sostanziale esercizio del relativo potere) a dover essere conforme alla Treuepflicht che caratterizza, secondo l’interpretazione unanime della dottrina tedesca, il contratto di società; non è necessario svolgere un giudizio preventivo di validità delle clausole, quanto è l’eventuale utilizzo abusivo della clausola a dover essere sanzionato con l’inefficacia dell’atto di esercizio per violazione della buona fede 20 (come del resto anche riconosciuto in una sentenza dello stesso BGH21). Seguendo la tesi della giurisprudenza, invece, la «spada di Damocle» sarebbe costituita non tanto dalla clausola di esclusione, quanto dalle conseguenze della nullità della clausola: la nullità potrebbe fulminare di conseguenza…