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La forma e il trasferimento della partecipazione sociale
SOMMARIO: 1. Il trasferimento di partecipazioni nella coop-s.r.l.: il problema – 2. Il significato del rinvio alle norme in tema di s.r.l. – 3.1. La rappresentazione delle partecipazioni sociali – 3.2. Quote e azioni di coop s.r.l. – 4. La circolazione delle partecipazioni del socio cooperatore: forma del contratto e pubblicità – 5. L’autorizzazione degli amministratori e l’autonomia statutaria – 6. L’iscrizione nel libro dei soci e la pubblicità dell’elenco dei soci.
1. Il trasferimento di partecipazioni nella coop-s.r.l.: il problema
Il Codice civile non contempla una disciplina specifica della circolazione delle partecipazioni del socio cooperatore con riferimento alle imprese mutualistiche disciplinate, in via residuale, dalle norme sulla società a responsabilità limitata (v. gli artt. 2519, co. 2, e 2522, co. 2, c.c.).
Il legislatore si è infatti limitato a prevedere una norma (l’art. 2530 c.c.) di portata generale, ossia applicabile a tutte le cooperative a prescindere dal rinvio alle norme della s.p.a. o della s.r.l., e che regola gli effetti del trasferimento inter vivos nei confronti della società. In particolare tale disposizione disciplina le modalità di rilascio dell’autorizzazione al trasferimento, riservata all’organo amministrativo (rafforzando, rispetto al previgente art. 2523 c.c., la posizione dei soci partecipanti alla cessione nei confronti della società), e consente altresì di prevedere nello statuto una clausola che vieti il trasferimento delle partecipazioni (legittimando i soci all’esercizio del diritto di recesso a certe condizioni). Sotto altro profilo gli artt. 2521, co. 3, n. 4, e 2525 c.c. stabiliscono che il capitale sociale della cooperativa possa essere ripartito in quote o in azioni, non specificando quale sia la disciplina applicabile alle società in esame.
Tali disposizioni lasciano pertanto aperti, con riferimento alla coop-s.r.l., una pluralità di aspetti problematici, che principalmente possono essere riassunti nei seguenti termini: in primo luogo, se siano necessariamente applicabili ed entro quali limiti a tale società le disposizioni in tema di s.r.l., e quindi se le partecipazioni debbano essere rappresentate da quote o possano essere rappresentate anche da azioni, e quale sia la loro modalità di circolazione; in secondo luogo, se la previsione dell’autorizzazione al trasferimento affidata dalla legge all’organo amministrativo sia influenzata o meno dal richiamo alle norme della s.r.l., e quindi quali siano gli spazi per l’autonomia statutaria nella circolazione delle partecipazioni dei soci cooperatori.
2. il significato del rinvio alle norme in terna di s.r.l.
Secondo l’interpretazione più convincente il rinvio alla disciplina della s.r.l., contenuto negli artt. 2519, co. 2, e 2522, co. 2, c.c. per le cooperative con un numero non elevato di soci in conformità a quanto richiesto dalla legge delega (1), opera solo a condizione che manchi una disciplina nel titolo VI del libro V del Codice civile e che tale rinvio risulti compatibile con le peculiarità dell’impresa mutualistica (2). In altre parole: il legislatore ha inteso consentire il rinvio o il richiamo alle norme (3) del tipo s.r.l. per le cooperative con compagine sociale ristretta al fine di ampliarne gli spazi di autonomia statutaria (4), ma solo qualora manchi un’espressa regolazione e le norme della società lucrativa risultino compatibili con l’ordinamento cooperativo; non ha invece inteso creare un nuovo tipo o un subtipo di società cooperativa (la coop-s.r.l.), come emerge altresì dall’art. 2515 c.c., che non impone di integrare la denominazione sociale con l’indicazione del tipo di società lucrativa di riferimento.
La considerazione, ai fini dell’esame del tema in oggetto, è di rilevanza centrale: qualora, infatti, si ritenesse la cooperativa modellata dal richiamo alla s.r.l. un tipo o subtipo di società (5), distinta dalla coop s.p.a. e caratterizzata dal richiamo diretto (senza alcun filtro) alle norme che individuano il tipo disciplinato. dagli artt. 2462 ss. C.c., ne deriverebbe l’applicazione necessaria degli artt. 2468, 2469 e 2470 c.c. in quanto disposizioni imperative; da tale premessa conseguirebbe l’inderogabilità della rappresentazione della partecipazione cooperativa come quota, la necessità di osservare il procedimento di trasferimento della quota introdotto per la s.r.l. dalla I. 12 agosto 1993, n. 310, nonché l’applicazione, quale criterio risolutivo dei conflitti tra più acquirenti della medesima partecipazione, dell’art. 2470, co. 3, c.c.
Come si è detto la soluzione contraria a tale applicazione diretta appare preferibile, perché consente di tenere conto delle peculiarità della società cooperativa e ciò sia nel caso di applicazione delle norme della s.r.l. in virtù di una libera scelta dell’atto costitutivo (art. 2519, co. 2, c.c.), sia nel caso di applicazione necessaria alla luce del numero esiguo dei soci (art. 2522, co. 2, c.c.) (6). Lo schema organizzativo della società lucrativa, come è stato efficacemente scritto, deve tenere conto, anche nel caso della s.r.l., dei due principi cardine del fenomeno cooperativo, ossia quello strutturale della variabilità del capitale sociale e (soprattutto) quello teleologico della mutualità (7).
Con specifico riferimento al tema indagato, deve ulteriormente osservarsi che l’art. 2530 c.c. è una disposizione peculiare dell’impresa mutualistica, che (tra l’altro) evidenzia come la circolazione della partecipazione dei soci cooperatori (circolazione che di per sé ha carattere interindividuale) assume rilievo organizzativo in virtù della rilevanza del socio in funzione del perseguimento dello scopo mutualistico (8) Le partecipazioni dei soci cooperatori, in virtù della loro caratterizzazione personalistica (attestata anche dalla norma sul trasferimento mortis causa, ossia dall’art. 2534 c.c.), sottostanno ad un regime di. circolazione proprio, limitato dal vincolo legale dell’autorizzazione da parte degli amministratori, e tale disciplina costituisce un elemento essenziale della procedura di trasferimento (9).
L’art. 2530 c.c. rappresenta dunque una di quelle disposizioni che delineano il contenuto strutturale che caratterizza la cooperativa rendendo neutro, nei limiti che si vedranno nel prosieguo, l’eventuale cambiamento del rinvio alle disposizioni del tipo capitalistico di riferimento (s.p.a. o s.r.l.).
La conclusione raggiunta circa la peculiarità dell’ordinamento cooperativo in tema di trasferimento della posizione di socio impone in ogni caso un’indagine molto puntuale al fine di valutare quale sia la disciplina che risulta dall’applicazione congiunta dei corpi normativi con riferimento alla coop-s.r.l.
3.1. La rappresentazione delle partecipazioni sociali
L’art. 2530 c.c. è inserito in una sezione dal titolo «Delle quote e delle azioni» ed indica, sia nella rubrica che né! testo, le modalità di trasferimento della quota o delle azioni.
Si è dunque posto il dubbio se tale norma consenta la rappresentazione delle partecipazioni sociali, nella coop-s.r.l., sia come azioni sia come quote, oppure se il richiamo all’applicazione delle disposizioni della s.r.l. comporti, in forza dell’art. 2468 c.c., la necessaria rappresentazione della partecipazione come quota1°.
Le considerazioni del precedente paragrafo depongono in via immediata a favore dell’accoglimento della prima tesi: gli artt. 2519, co. 2, e 2522, co. 2, c.c. stabiliscono la prevalenza della disciplina dell’ordinamento cooperativo su quella del tipo lucrativo applicabile in via residuale e legittimano l’applicazione della disciplina della s.r.l. solo in presenza di un vuoto normativo (e con il filtro della compatibilità). Orbene: poiché nel caso di specie vi sono più disposizioni che sono comuni a tutte le cooperative e che fanno riferimento sia alle quote sia alle azioni quali modalità di…