This site uses functional cookies and external scripts to improve your experience.
If you want to know more or deny consent to all or some cookies click the following link you will find our extended information on cookies and an explanation on how to disable cookies on the major browsers.
Partecipazioni senza diritto di voto nella s.r.l.
SOMMARIO: 1. Introduzione: la discussa legittimità di partecipazioni senza diritto di voto. – 2. Limiti assoluti che impediscono la creazione di quote senza voto: il diritto di voto come elemento essenziale del tipo? – 3. (Segue). Ulteriori argomenti contrari: la “natura” della partecipazione sociale nella s.r.l. o la disciplina dell’art. 2351 c.c. – 4. (Segue). Presunti argomenti letterali contrari alla legittimità di tali partecipazioni. – 5. Limiti relativi alle quote senza voto (cenni).
1. Introduzione: la discussa legittimità di partecipazioni senza diritto di voto. –
Nel sistema normativo della s.r.l. anteriore alla riforma del 2003 era principio consolidato che non fossero ammissibili quote senza diritto di voto né quote a voto limitato1. La tesi era fondata in primo luogo sul tenore letterale dell’art. 2485 c.c. previgente, che da un lato attribuiva ad ogni socio il diritto ad almeno un voto nell’assemblea, dall’altro non conteneva alcuna indicazione, a differenza degli articoli precedente e seguente, che facesse salva una diversa disposizione dell’atto costitutivo; in secondo luogo sulla mancanza nella s.r.l. di una disposizione corrispondente all’art. 2351 c.c. in tema di s.p.a.; infine su una ragione tipologica, ossia sulla normale presenza nella s.r.l. di soli soci imprenditori, necessariamente in grado di partecipare, almeno in potenza, alla vita della società.
Fortemente discussa era, invece, l’ammissibilità di quote a voto plurimo, da alcuni respinta sulla base dello stesso art. 2485 c.c. o sulla base dell’applicazione analogica dell’art. 2351, comma 3°, c.c. previgente 2; da altri accolta sulla base di considerazioni tipologiche: veniva considerata coerente con il tipo s.r.l. la possibilità di variare la misura delle posizioni soggettive in relazione all’importanza che ciascun socio potesse rivestire per la collettività 3.
Il problema (o i problemi) si presenta(no), dopo l’entrata in vigore della riforma, con connotati nuovi. Le disposizioni novellate rendono l’analisi del tema quanto mai stimolante (si pensi al nuovo art. 2468 c.c., che riconosce la legittimità di un’attribuzione dei diritti non proporzionale ai conferimenti, nonché la possibilità di assegnare a uno o più soci diritti particolari); inoltre l’instabilità del quadro sistematico della s.r.l. comporta che princìpi pacifici prima della riforma, e che erano alla base di soluzioni consolidate, possano risultare non più tali 4.
E proprio in conseguenza di questo quadro le opinioni sul tema risultano ora più articolate rispetto al passato. Da un lato, e in prevalenza, è rappresentata una tesi negativa, la quale si esprime in senso contrario alle quote senza voto o con diritto di voto limitato. In primo luogo, si conferisce rilievo al dato normativo: in particolare all’art. 2479, comma 5°, c.c. («ogni socio ha diritto a partecipare alle decisioni previste dal presente articolo e il suo voto vale in misura proporzionale alla sua partecipazione»); e all’art. 2468, comma 3°, c.c., che disciplina i diritti particolari, da interpretarsi come numerus clausus, e che non menziona – tra i diritti che possono essere attribuiti in modo non proporzionale rispetto alla partecipazione – quello di voto 5. In secondo luogo, la tesi negativa viene fondata (analogamente al passato) su considerazioni di vertice e tipologiche, e quindi sul ruolo del socio nella s.r.l. (che deve partecipare, almeno in potenza, alla vita societaria) 6; oppure sulla base dell’art. 2247 c.c., che, in assenza di una disposizione permissiva come quella dell’art. 2351, comma 2°, c.c., non consentirebbe una clausola statutaria che privi il socio del diritto di voto e quindi escluda la sua partecipazione alla gestione dell’attività comune 7.
D’altro lato non mancano autori che si sono espressi a favore della legittimità di quote senza voto o a voto limitato, in particolare argomentando dalla possibilità, prevista in generale all’art. 2468, comma 2°, c.c., di assegnare ai soci la quota di partecipazione al capitale (e quindi ai diritti sociali) in modo non proporzionale rispetto ai conferimenti; nonché in considerazione dell’ampia autonomia statutaria riconosciuta quale carattere distintivo alla s.r.l. 8.
A fronte di questo quadro così composito, appare interessante dedicare al tema un approfondimento, anche alla luce dell’importanza che hanno le quote senza voto in altri ordinamenti 9, e dell’ammissibilità di tali partecipazioni anche nelle recenti proposte di Regolamento relativo allo statuto di una Società privata europea 10.
2. Limiti assoluti che impediscono la creazione di quote senza voto: il diritto di voto come elemento essenziale del tipo? – L’analisi concernente l’ammissibilità di quote senza diritto di voto nella s.r.l. deve in primo luogo confrontarsi con l’esistenza, o meno, di limiti c.d. assoluti che, in ipotesi, potrebbero rendere illegittima una previsione dell’atto costitutivo in questo senso 11; in particolare, sulla base degli argomenti ricordati al paragrafo precedente, il principio della rilevanza centrale del socio o della necessaria partecipazione di quest’ultimo alla gestione dell’attività comune.
L’illegittimità di quote senza diritto di voto potrebbe derivare, seguendo questo ragionamento, da un esame della disciplina complessiva della s.r.l. la quale, come noto, attribuisce rilievo centrale al ruolo del socio, da considerarsi quale vero e proprio «socio imprenditore», o della partecipazione sociale, caratterizzata da una serie di diritti amministrativi (ad esempio: il diritto di controllo; di impugnazione; e, in thesi, anche di voto) da ritenersi indisponibili; in secondo luogo, l’inammissibilità sarebbe desumibile dal confronto con la disciplina della s.p.a., la quale (sola) consentirebbe l’attribuzione di partecipazioni senza diritto di voto, in virtù della possibilità di permettere l’investimento in tale tipo anche a soggetti non interessati alla gestione della società.
Il primo argomento, sostenuto anche in altri ordinamenti 12, pare superabile non solo con le obiezioni che, in senso critico, si potrebbero immediatamente muovere allo scopo di negare rilievo al ruolo centrale del socio: il principio è privo di reale portata precettiva, e comunque è posto sullo stesso piano di quello della tutela dei rapporti contrattuali tra i soci 13; la natura imprenditoriale del socio è un mero slogan, dato che il socio non viene considerato tale neppure nelle società di persone 14, almeno in senso proprio 15; in ogni caso, il regime della s.r.l. è «assai poco adatto ad una struttura caratterizzata dalla presenza esclusiva o comunque prevalente di “soci imprenditori”» 16.
L’argomento pare superabile soprattutto con una considerazione altrettanto di vertice; ossia la distinzione, sia dal punto di vista formale che dal punto di vista sostanziale, da un lato tra il diritto di voto del socio e quello alla partecipazione alla decisione (diritto di intervento; di informazione e di ispezione; di impugnazione); d’altro lato tra il diritto di voto e il diritto a prestare il consenso individuale per determinate decisioni (distinzione che in Germania è efficacemente indicata con i termini Stimmrecht e Zustimmungsrecht 17). Un conto è, infatti, il diritto del socio a partecipare con la sua manifestazione di volontà alla formazione della decisione sociale, altro è il diritto di intervenire alle decisioni ed eventualmente impugnarle, pur senza poter esprimere il diritto di voto (distinzione tra diritto di voto e di partecipazione alla decisione); un conto è il diritto di esprimere il consenso o approvare una decisione, quando la volontà della collettività incide sul contenuto di alcuni diritti indisponibili del socio, altro è il diritto di votare in ogni decisione (distinzione tra diritto al consenso e diritto di voto) 18. Orbene: le quote senza diritto di voto escludono quest’ultimo, non, invece, il diritto a partecipare ad ogni decisione (ed eventualmente ad impugnarla); non eliminano il diritto del socio, in certi casi, ad esprimere il suo (necessario) consenso per la (efficace o valida) assunzione di determinate decisioni che incidono su diritti indisponibili.
Ciò che, sulla base di questa duplice distinzione, deve essere salvaguardato in ogni caso è, quindi, il diritto alla partecipazione ad ogni decisione e al consenso a certe specifiche delibere; si dovrebbe ritenere consentito, invece, l’esclusione convenzionale del diritto di voto, allo scopo di equilibrare il rapporto tra le due…