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Donazione e negozi traslativi del diritto d’autore
Cassazione Civile, sez. I, 16 aprile 2002, n. 5461
Pres. Olla – Rel. Berruti – PM Velardi M. (conf.) – Vacondia Marzotto c. Carapezza Guttuso ed altra
Beni – Immateriali – Diritti di autore (proprietà intellettuale) – Diritti di utilizzazione economica (contenuto del diritto)
Cessione o trasferimento – Circolazione dei diritti di utilizzazione economica – Art. 107 legge dir. autore –
Riferimento a modi e forme consentiti dalla legge – Portata – Regole comuni dei negozi, tipici o atipici, utilizzabili
dall’autonomia privata – Applicabilità – Conseguenze – Possibilità di realizzare la causa tipica di liberalità senza il rispetto
delle forme della donazione – Esclusione.
L’art. 107 della legge 22 aprile 1941, n. 633, stabilendo che i diritti di utilizzazione spettanti agli autori
delle opere dell’ingegno, nonché i diritti connessi aventi carattere patrimoniale possono essere acquistati,
alienati o trasmessi in tutti i modi e forme consentiti dalla legge, disciplina la circolazione, anche separata,
delle facoltà derivanti dal diritto d’autore secondo le regole ordinarie dei contratti, cosicché detta
circolazione, fatti salvi i limiti di inalienabilità stabiliti dalla normativa speciale, si realizza in base ai negozi,
tipici o atipici, volta a volta utilizzabili dall’autonomia privata; è pertanto da escludere che la citata
norma consenta alle parti di perseguire la causa tipica di liberalità, consistente nel diretto arricchimento
dell’oblato senza alcun corrispettivo, con un negozio sottratto agli obblighi di forma della donazione.
Svolgimento del processo
Fabio Carapezza Guttuso, erede di Renato Guttuso, conveniva davanti al Tribunale di Milano Marta Vacondio Marzotto e la s.p.a. Standa lamentando che la società predetta aveva commercializzato prodotti riproducenti opera del maestro Renato Guttuso. Tale sfruttamento era stato abusivamente concesso, a dire dell’attore, dalla convenuta Vacondio Marzotto, sulla base di una scrittura redatta dal defunto autore, in data 23 settembre 1986. Chiedeva che il tribunale accertasse la natura di donazione della predetta scrittura e la dichiarazione pertanto nulla per mancanza della forma prevista dalla legge per la validità di tale contratto. Chiedeva quindi il risarcimento dei danni subiti ed i provvedimenti necessari ad impedire la continuazione del comportamento illecito denunciato. Resistevano i convenuti. Tra l’altro la Vacondio Marzotto rilevava la natura di donazione indiretta nell’atto contenuto nella predetta scrittura e dunque l’inapplicabilità alla specie delle regole che stabiliscono la forma del contratto di donazione. A suo avviso la scrittura conteneva un negozio tipico, ancorché utilizzato secondo lo schema della donazione indiretta, ai sensi dell’art. 107 della legge sul diritto di Autore. Il tribunale accoglieva la domanda del Carapezza quanto alla dichiarazione di nullità del negozio in questione, che definiva donazione. Respingeva la domanda di risarcimento dei danni. La Corte d’Appello respingeva l’impugnazione avanzata dalla Marzotto, mentre la Standa rimaneva contumace. Per ciò che ancora rileva, il secondo giudice riteneva che il sistema di cui agli artt. 2581 Codice civile e 107 della legge n. 633 del 1941 (legge Autore) non preveda un contratto tipico di cessione dei singoli diritti facenti parte della posizione protetta dell’autore, ed in particolare non conosca altri contratti tipici oltre quelli di edizione e di rappresentazione – esecuzione. Pertanto ribadiva la natura di donazione rivestita dalla cessione espressa nella scrittura del 1986 e la sua nullità per mancanza della forma solenne stabilita dalla legge.
Contro questa sentenza ricorre per Cassazione con due motivi Marta Vacondio Marzotto. Resiste e spiega ricorso incidentale condizionato Fabio Carapezza Guttuso. Deposita un controricorso ed un ricorso incidentale anche la s.p.a. Euridea, già Standa s.p.a. Tutte le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
1) I ricorsi vanno preliminarmente riuniti.
2) Va rilevato ancora preliminarmente che Euridea non ha interesse a proporre ricorso per Cassazione avverso la sentenza della corte di merito che ha confermato la prima decisione. Questa infatti respinse la domanda di risarcimento dei danni avanzata avverso la Standa e la statuizione non è mai stata impugnata, né dal Carapezza né dalla stessa società. Il suo ricorso incidentale è dunque inammissibile.
3) Con il primo motivo del suo ricorso Marta Vacondio Marzotto lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2581 Codice civile, e 107 legge n. 633 del 1941 (l.a.) nonché dei principi e delle norme che disciplinano i negozi e le donazioni indirette. Sostiene che la sentenza impugnata ha male inteso e male interpretato la scrittura del 1986 per effetto di un errore giuridico consistito nell’avere a priori escluso la configurabilità di una negoziazione tipica avente ad oggetto la alienazione o la circolazione di uno dei diritti di sfruttamento spettanti all’autore dell’opera dell’ingegno. Afferma che invece la norma dell’art. 107 l.a. chiarisce la possibilità di dar vita a negoziazioni aventi un tale oggetto specifico, con il solo obbligo del rispetto della forma scritta. Afferma che in conseguenza di tale equivoco la Corte di merito non si è avveduta che sottostante alla scrittura vi era una concessione da parte di Renato Guttuso alla Marzotto Vacondio del diritto a divulgare l’opera dell’ingegno, negozio avente causa tipica distinta da quella della donazione, ma con essa legittimamente combinabile nello schema di un negozio indiretto, sottratto agli obblighi di forma della donazione.
3a) Con il secondo connesso motivo che va esaminato insieme al primo, la ricorrente lamenta la motivazione insufficiente e contraddittoria sui relativi punti decisivi della controversia e ribadisce l’errore di escludere la tipicità dei negozi risalenti all’art. 107 l.a.
4) Osserva il collegio che la prima censura sfugge alla sanzione della inammissibilità perché allega la pretesa cattiva interpretazione dell’atto negoziale del 1986 da parte della Corte di merito quale conseguenza della negazione, corrispondente a sua volta ad un errore di diritto, di un negozio tipico risalente all’art. 107 l.a. Ciò premesso va rilevato che la nostra legge, dalla normativa codicistica a quella della legge speciale, comprende nel diritto esclusivo spettante all’autore tanto le facoltà di utilizzazione dell’opera quanto quelle, diverse, sull’opera, previste a tutela della personalità dell’autore stesso. L’art. 2577 Codice civile stabilisce anzitutto il diritto dell’autore di pubblicare l’opera, quindi di utilizzarla economicamente in ogni forma e modo, nei limiti e per gli effetti fissati dalla legge. Quindi la norma dell’art. 12 della legge speciale chiarisce, dopo dell’affermazione fondamentale della esclusività del diritto di pubblicare l’opera, che l’autore per l’appunto ha diritto di utilizzare economicamente la stessa in ogni modo e forma, originale e derivata, in particolare «con l’esercizio dei diritti esclusivi indicati negli articoli seguenti» (incluso tra questi l’art. 107, ndr.). I diritti stessi sono esplicitamente indicati come modalità del diritto esclusivo di utilizzazione economica, che pertanto include ogni possibilità di trarre utilità dall’opera dell’ingegno. Ancora la legge speciale all’art. 19, stabilisce che i diritti esclusivi di cui si tratta sono tra loro indipendenti, e che l’esercizio di ciascuno di essi non esclude quello, sempre esclusivo, di ciascuno degli altri, e conclude che i diritti hanno sempre per oggetto l’opera nel suo insieme ed in ciascuna delle sue parti.
Consegue che la norma dell’art. 107, letta in coerenza con tale assetto giuridico, non fa altro, stabilendo che i diritti di utilizzazione possono essere acquistati, alienati, e trasmessi in tutti i modi consentiti dalla legge, che disciplinare richiamando le regole ordinarie dei contratti la circolazione anche separata di tali facoltà di autore, (cfr. Cass. 1951 del 1966; 3004 del 1973).
Da tale norma pertanto non si può trarre, come pretende la ricorrente, a proposito dei negozi in questione la conclusione della loro diversità di natura giuridica rispetto a quelli di alienazione e trasmissione dei diritti in genere. Il problema non è infatti la tipicità di tali contratti, erroneamente esclusa dalla sentenza impugnata senza che tale errore di inquadramento delle fattispecie abbia influito sulla statuizione, cosicché essa necessita solo di essere integrata e corretta nel senso che si sta precisando. Problema è, piuttosto, se essi abbiano, come pretende la ricorrente, in virtù di tale tipicità discendente dalla previsione legale, ciascuno una propria distinta causa tipica che pertanto li differenzia reciprocamente sotto il profilo funzionale. A tale quesito la Corte deve rispondere negativamente. La legge non disciplina la trasmissione di tali diritti come rispondente ciascuna a funzioni economico pratiche a se stanti, ma invece menzionando i modi e le forme consentite richiama le ordinarie cause cui risalgono i negozi che realizzano la circolazione dei diritti. Cosicché la circolazione di una o più facoltà in questione, fatti salvi i limiti di inalienabilità stabiliti dalla normativa speciale, avviene secondo le regole dei contratti e dei negozi, tipici o atipici, volta per volta utilizzati dalla autonomia privata. Pertanto, pare il caso di precisare, alla causa di liberalità si contrappone quella di onerosità, non certo, comparando concetti giuridici disomogenei, lo scopo
pratico di cedere una sola delle facoltà in questione, rispetto a quello corrispondente alla cessione plurima.
5) La conclusione espressa risulta confermata dalla logica del negozio indiretto, così come la giurisprudenza, sulla scorta di una illustre dottrina ha da tempo chiarito. La differenza tra donazioni dirette e donazioni indirette non consistite nella diversità dell’effetto pratico che da esse deriva, ma piuttosto nel mezzo con il quale viene attuato il fine di liberalità. Questo per le prime è il contratto di donazione, per la seconda è un atto che pur essendo rivolto, secondo lo scopo pratico delle parti, ad attuare il medesimo fine, lo realizza obliterando la causa tipica del negozio (cfr. Cass. 1465 del 1969). Nel caso in esame si è verificato l’esatto contrario, perché la scrittura del 1986, nella ricostruzione che ne ha fatto il giudice del merito, mira a raggiungere direttamente la funzione di arricchire senza corrispettivo taluno, senza sovrapporre ad essa lo scopo pratico realizzato. Muovendo da premesse giuridiche che il collegio condivide la corte di merito ha interpretato il contratto dando conto delle sue conclusioni con motivazione che non fa emergere alcun vizio rilevante in questa sede.
I due motivi sono infondati.
6) La trattazione di ricorso incidentale condizionato del Carapezza Guttuso risulta assorbita dalla affermata infondatezza del ricorso principale.
7) Deve dunque essere dichiarato inammissibile il ricorso della s.p.a. Euridea. Il ricorso principale deve essere rigettato. Deve essere dichiarato assorbito quello del Carapezza. La complessità delle questioni e la predetta correzione della sentenza impugnata giustificano la compensazione delle spese tra tutte le parti.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale dichiara assorbito quello del Carapezza Guttuso. Dichiara assorbito il ricorso della s.p.a. Euridea. Compensa le spese del giudizio tra tutte le parti.
IL COMMENTO
di Cristina Bellomunno e Marco Speranzin (*)
Il caso
Con la pronuncia in epigrafe (1) la Suprema Corte da un lato esamina il criterio distintivo tra donazione diretta e donazione indiretta – già oggetto di approfonditi studi da parte della dottrina (2) e di pronunce della giurisprudenza (3), e che non sarà oggetto della presente nota -, dall’altro precisa la portata dell’art. 107 della legge 22 aprile 1941, n. 633 in relazione ai negozi che consentono la circolazione del diritto d’autore. La vicenda in esame ha visto contrapposti Fabio Carapezza Guttuso, erede di Renato Guttuso, la signora Marta Vacondio Marzotto e la Standa s.p.a. Nel 1986 Renato Guttuso aveva ceduto alla signora Marzotto, tramite scrittura privata, il diritto di riprodurre su supporti di ogni genere le proprie opere. Sulla base di tale scrittura la signora Marzotto aveva quindi concesso alla Standa s.p.a. il diritto di riprodurre una di queste opere su vari oggetti e quello di commercializzare i prodotti che ne recavano la riproduzione. Contro tale situazione insorgeva il figlio ed erede di Renato Guttuso, sostenendo l’abusiva concessione alla Standa del diritto di commercializzare i prodotti recanti la riproduzione dell’opera paterna, e ciò in quanto la donazione effettuata dal padre a favore della signora Marzotto era nulla, per mancanza della necessaria forma solenne prevista dal Codice civile ai fini della validità del contratto (art. 782 Codice civile) (4); di conseguenza, non poteva dirsi legittimamente trasferito il diritto alla Standa. I convenuti sostenevano invece la presunta natura di donazione indiretta della scrittura privata, con la conseguente inapplicabilità delle forme richieste per la donazione, e la validità e l’efficacia, dunque, del duplice trasferimento. Il Tribunale, accogliendo la richiesta dell’attore e ritenendo la scrittura una donazione diretta, ne dichiarava la nullità per mancanza della forma solenne. La signora Marzotto proponeva appello ma la sua domanda veniva respinta, per lo stesso motivo, anche in quella sede. La signora Marzotto depositava, quindi, ricorso in Cassazione sostenendo che la scrittura del 1986 era stata erroneamente interpretata a causa di un errore di diritto. Secondo la ricorrente il giudice di merito aveva infatti escluso a priori la configurabilità di un negozio tipico avente ad oggetto la circolazione di una delle facoltà di sfruttamento spettanti all’autore: l’art. 107 l.a. conferirebbe, infatti, la possibilità di dar vita a negoziazioni tipiche aventi ad oggetto uno dei diritti di sfruttamento dell’opera dell’ingegno, con il solo obbligo del rispetto ai fini della prova della forma scritta, sia essa atto pubblico o scrittura privata (art. 110 l.a.). Nella ricostruzione della ricorrente, dunque, la scrittura del 1986 contenente la concessione a proprio favore del diritto di riprodurre l’opera dell’ingegno non era una donazione diretta, ma un negozio avente causa tipica, distinta da quella della donazione, secondo lo schema del negozio indiretto. Di conseguenza, per la validità della scrittura non era richiesta la forma solenne necessaria per la donazione, essendo invece sufficiente la forma scritta (5).
La Cassazione rigetta il ricorso.
Premettono i Giudici che le norme in materia di diritto d’autore, sia quelle contenute nel Codice civile che quelle contenute nella legge speciale del 1941, attribuiscono all’autore il diritto di disporre economicamente dell’opera traendone ogni utilità possibile, ai sensi degli artt. 13 e ss. l.a.
L’art. 107 l.a. si limita ad esplicitare il principio della trasmissibilità (inter vivos e mortis causa) dei diritti patrimoniali d’autore, senza prevedere tuttavia regole particolari per il trasferimento dei diritti medesimi, che possono così circolare secondo le regole ordinarie che disciplinano i vari contratti di volta in volta utilizzati dall’autonomia privata. Ciò in quanto i negozi di trasmissione dei diritti d’autore non sono, in virtù di tale oggetto, tipi contrattuali diversi, né hanno una causa diversa che li differenzia sotto il profilo funzionale rispetto a quelli che realizzano la circolazione dei diritti in genere.
Ciò premesso, la Cassazione non censura dunque la qualificazione della scrittura privata del 1986 come donazione diretta e non indiretta (6): sulla base della ricostruzione del fatto effettuata dai giudici di merito la funzione della scrittura era stata individuata, infatti, nell’arricchimento della controparte senza alcun corrispettivo, senza peraltro che a tale negozio fosse sovrapposto un ulteriore scopo pratico (7).
Avendo qualificato la scrittura del 1986 come donazione diretta, la Cassazione ha ritenuto, inevitabilmente, che essa fosse invalida per mancanza del rispetto della forma solenne prevista dall’art. 782 Codice civile, non essendo sufficiente la sola forma scritta a salvarla dalla declaratoria di nullità (8). Se, invece, accogliendo la tesi del ricorrente la scrittura in questione fosse stata qualificata come donazione indiretta, non sarebbe stata necessaria neppure la forma scritta, in quanto l’art. 110 l.a. infatti richiede la forma scritta ad probationem e non anche per la validità dell’atto (9).
La circolazione giuridica del diritto d’autore
Il profilo di rilevanza della sentenza che qui viene preso in esame concerne, come accennato, l’esame del diritto d’autore nella «circolazione giuridica» (10). Tale diritto risulta da un lato peculiare, infatti, in ragione del suo contenuto: esso si compone di una pluralità di facoltà o poteri (v. artt. 12 ss. l.a.) (11), tra loro indipendenti (art. 19 l.a.), che l’autore può esercitare separatamente (12). Ne deriva, quindi, la possibilità di trasferire uno solo di tali poteri o facoltà, mentre gli altri rimangono in capo
Note:
(*) Il primo paragrafo della presente nota è stato curato da Cristina Bellomunno; i successivi da Marco Speranzin.
(1) Pubblicata anche in Giur. it., 2002, 1644 ss., con nota di A. Burzio, Brevi note sul trasferimento dei diritti patrimoniali d’autore mediante donazione; in Foro it., 2002, I, 1, cc. 3144 ss.; in Dir. aut., 2002, 319 ss.
(2) Si v., senza pretesa di completezza, U. Carnevali, voce Liberalità (atti di), in Enc. dir., Milano, 1974, 218 ss.; C. Manzini, Il contratto gratuito atipico, in Contr. e impresa,1986, 909 ss.; C. Ebene Cobelli, Donazioni, in Riv. dir. civ., 1987, II, 209 ss.; A. Checchini, voce Liberalità (atti di), in Enc. Giur. Treccani, XXIII, Roma, 1991; E. Emiliozzi, La donazione indiretta, in Giust. civ., 1994, II, 423 ss.; M. Di Paolo, Negozio indiretto, voce del Dig. discipl. privat., Sez. civ., Torino, 1995, 127; U. Carnevali, Le donazioni, in Tratt. dir. priv., diretto da P. Rescigno, Torino, 1997, 498 ss.; A. Palazzo, Atti gratuiti e donazioni, in Tratt. dir. civ., diretto da Sacco, Torino, 2000, 347 ss.; Id., Le donazioni indirette, in La donazione, Trattato, diretto da G. Bonilini, Torino, 2001, 52 ss.; A. Bortoluzzi, Novità fiscali e oneri formali della donazione diretta e indiretta, in Vita not., 2001, 492 ss.; Valenza, La donazione indiretta tra diritto civile e diritto tributario, in Nuova giur. civ. comm., 2001, II, 179; L. Gatt, La liberalità, Torino, 2002, I, 31 ss.
(3) Cass. 15 novembre 1997, n. 11327, in Contratti, 1998, 242 ss., con nota di G. F. Basini e anche in Foro it., 1999, I, c. 994; Cass. 29 maggio 1998, n. 5310, in Rep. Foro it., voce Donazione, 1998; Cass. 7 dicembre 1989, n. 5410, in Giur. it., 1990, I, cc. 1590 ss.
(4) Com’è noto la donazione è un contratto caratterizzato: a) dal trasferimento di un bene dal patrimonio del donante – che si impoverisce – a quello del donatario – che si arricchisce, ovvero dall’assunzione di un’obbligazione da parte del primo nei confronti del secondo; b) dall’animus donandi, ossia dallo spirito di liberalità che si identifica nella volontà di conferire ad altri un vantaggio patrimoniale, cui non si è obbligati, e che determina un depauperamento del proprio patrimonio. Solo in presenza di entrambi questi elementi si può parlare di donazione: infatti, ove manchi l’arricchimento del donatario a spese del donante si avranno solitamente altri contratti, caratterizzati dalla gratuità (ad esempio, un mandato gratuito o un mutuo gratuito); ove, invece, vi sia solo l’arricchimento altrui e il depauperamento del patrimonio del soggetto disponente e manchi l’animus donandi si avrà, invece, una mera liberalità, non qualificabile come donazione.
(5) Quando lo spostamento della ricchezza giustificato dall’intento liberale è raggiunto tramite un unico negozio si parla di donazione diretta; quando invece ciò avviene attraverso la combinazione di una pluralità di negozi, aventi causa tipica diversa ed il cui effetto tipico non è l’arricchimento, si parla di donazione indiretta (si pensi, per esempio, all’acquisto di un immobile da parte del figlio ma con il denaro del padre). Solo la donazione diretta deve essere fatta – a tutela del donante – per atto pubblico a pena di nullità (art. 782 Codice civile) e ciò anche quando si tratti di universalità di beni (art. 771, secondo comma) o di beni mobili (art. 782, primo comma). La forma dell’atto pubblico non è invece necessaria per la donazione indiretta essendo sufficiente quella richiesta per l’atto da cui la donazione indiretta risulta; ciò perché «l’arricchimento non è l’effetto tipico del negozio che le parti adottano per realizzarlo» (Cass. 10 febbraio 1997, n. 1214, in Foro it., 1997, I, c. 743).
(6) La donazione indiretta, dunque, presenta i medesimi elementi caratterizzanti la donazione diretta (v. nota precedente), ma da essa si distingue non in relazione al motivo, né in relazione all’effetto pratico che da essa deriva – come nella ricostruzione della ricorrente -, quanto piuttosto nel mezzo con cui viene attuato il fine di liberalità.
(7) Anche la donazione indiretta deve essere peraltro distinta, come la donazione diretta, dal negozio a titolo gratuito, perché è solo nella donazione (diretta e indiretta) che vi è lo spirito di liberalità, ed è solo nella donazione (diretta e indiretta) che si registra l’arricchimento del patrimonio altrui e il depauperamento di quello del donante: l’«arricchimento » di cui all’art. 769 Codice civile è infatti qualcosa di ulteriore rispetto al mero risparmio di spesa di cui può godere, ad esempio, il mutuatario che risparmia l’interesse o il mandante che risparmia il corrispettivo (v. tuttavia anche l’art. 793 Codice civile). Sulla differenza tra donazione e atto gratuito cfr., ex multis, F. Caringella, Alla ricerca della causa nei contratti gratuiti atipici, in Foro it., 1993, I, cc. 1511 ss.; A. Gianola, Atto gratuito, atto liberale. Ai limiti della donazione, Milano, 2002, passim; F. Rolfi, Sulla causa dei contratti atipici a titolo gratuito, in Corr. giur., 2003, 52.
Si noti che, secondo parte della giurisprudenza, quando l’atto è gratuito l’animus donandi si presume iuris tantum: Cass. 19 marzo 1998, n. 2912, in Giur. it., 1998, 2019, secondo la quale «dovendosi presumere l’esistenza dell’animus donandi quando manchi qualsiasi controprestazione al trasferimento di un diritto, il contratto deve essere qualificato come donazione e rivestire, a pena di nullità, la forma ad substantiam». Contra, peraltro, Cass. 11 marzo 1996, n. 2001, in Foro it., 1996, I, c. 1222, secondo cui «l’assenza di corrispettivo, se è sufficiente a caratterizzare i negozi a titolo gratuito, non basta invece ad individuare i caratteri della donazione, per la cui sussistenza sono necessari, oltre all’incremento del patrimonio altrui, la concorrenza di un elemento soggettivo (lo spirito di liberalità) consistente nella consapevolezza di attribuire ad altri un vantaggio patrimoniale senza esservi in alcun modo costretti, e di un elementi di carattere obiettivo, dato dal depauperamento di chi ha disposto del diritto o ha assunto l’obbligazione».
(8) Cass. 10 aprile 1999, n. 3499, in Giur. it., 1999, 2017; Cass. 10 febbraio 1997, n. 1214, in Foro it., 1997, I, c. 743.
(9) V. peraltro infra, alla fine del presente commento, quanto si dirà in tema di possibile conversione della donazione nulla ai sensi dell’art. 1424 Codice civile.
(10) Questo è il titolo atto a comprendere, secondo P. Greco – P. Vercellone, I diritti sulle opere dell’ingegno, Torino, 1974, 267 ss., «ogni specie di atti o rapporti giuridici in base ai quali i poteri che nascono a titolo originario in capo all’autore per il solo fatto della creazione si trovano, in virtù di una qualsiasi causa legittima, attribuiti a terze persone, in esclusività o no».
(11) Sulla configurazione quali facoltà, poteri o diritti soggettivi delle singole prerogative dell’autore v. P. Greco, Saggio sulle concezioni del diritto d’autore, in Riv. dir. civ., 1964, I, 541, n. 6.
(12) Sul c.d. principio di indipendenza delle facoltà di utilizzazione v. T. Ascarelli, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, Milano, 1960, 804; P. Auteri, Contratti traslativi del diritto d’autore e principio di indipendenza delle facoltà di utilizzazione, in Riv. dir. ind., 1963, II, 123 ss.